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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 1 del 2015

Titolo: TECNOLOGIA- Progetto Horus

Autore: Carmen Morrone


Articolo:
Tecnologia per chi non vede
Sembra sia arrivato il momento. Se ricerca scientifica e sviluppo tecnologico procederanno come in questi ultimi mesi, nel 2015 c'è la possibilità che nel panorama degli ausili ci siano anche strumenti che fanno "vedere" i ciechi. Le virgolette sono d'obbligo perché diciamo subito, per quel che se ne sa, che nessun ausilio al momento è capace di dare la vista ai ciechi. Si tratta di apparecchi che rendono più autonome le persone non vedenti. Si parla infatti di lettori della realtà, del contesto in cui si muove il cieco che ne riceve la descrizione. Se il bastone tocca il gradino e la comunicazione fra ausilio e persona non vedente è intuitiva. I visori leggono - come, lo vedremo - il gradino e lo sussurrano al non vedente. È chiaro che i visori ampliano il campo "visivo" con cose e persone che il bastone non può toccare. Vedere quando non lo si può fare - per tante ragioni, pensiamo alle telecamere che vedono nel buio utilizzate dai militari - è da sempre una delle sfide tecnologiche più ardue per bioingegneria e information technology. In queste settimane ha fatto il giro del mondo la notizia di un nuovo dispositivo, Horus Technology, su cui stanno lavorando tre studenti universitari italiani: Saverio Murgia, Luca Nardelli, Benedetta Magri.
L'idea è nata dopo l'incontro, per strada, con una persona non vedente. Partiamo da qui a raccontare Horus Technology, con Luca Nardelli, responsabile tecnico del progetto.
«Più o meno un anno fa, io e Saverio ci trovavamo a Genova e una persona ci fermò: voleva sapere come raggiungere la fermata dell'autobus più vicina. Inizialmente fummo sorpresi e poi capimmo: era un ragazzo non vedente e stava chiedendo aiuto per orientarsi. Lo abbiamo accompagnato alla fermata, ma subito abbiamo pensato a una coincidenza».

Vale a dire?
Per la tesi di laurea triennale io e Saverio abbiamo lavorato a un progetto che permette a un robot di procedere nel suo cammino evitando gli ostacoli. L'incontro a Genova ha fatto sorgere in noi la domanda: perché non svilupparlo per le persone non vedenti?

Come avete risposto alla domanda?
Ci siamo messi a studiare moltissimo perché si è aperto un mondo, quello della disabilità visiva, a noi completamente sconosciuto. Nell'arco di qualche mese è nato il prototipo e la società, una srl semplificata, che hanno lo stesso nome: Horus Technology.

Horus, perché?
Si riferisce al dio egizio rappresentato dal falco che secondo una narrazione mitologica combattendo con un'altra divinità perde un occhio, ma per volontà divina riesce ad avere ugualmente una vista acuta.

Che cos'è Horus?
Si compone di due parti. La prima, è rappresentata dai sensori visivi e di orientamento e viene posizionata sull'astina di un occhiale. La seconda è una piccola consolle, da tenere in tasca o in una borsa, che contiene la batteria e l'unità centrale. I due apparati sono collegati fra loro da un filo, come quello delle cuffie del telefono cellulare.

Come funziona?
Horus osserva la realtà, la comprende e la descrive alla persona, fornendo informazioni utili in maniera discreta e al momento opportuno. L'osservazione è fatta dalla telecamera, le informazioni sono ascoltate dall'utente.

Quali realtà può osservare?
In questo momento, il prototipo è capace di rilevare cartelli stradali e insegne, attraversamenti pedonali, leggere testi. Fra qualche mese potrà riconoscere anche i volti. Non è una visione a 360°, il campo visivo è quello delle microtelecamere in commercio.

Come fa a leggere una sola insegna in presenza di altri cartelli?
Si può chiedere a Horus di cercare e segnalare solo una determinata insegna, ad esempio quella della farmacia. In fase di programmazione del software si possono dare determinati input al sistema che quindi può iniziare a leggere le insegne secondo uno o più criteri, come ad esempio quelle più vicine, quelle più lontane, e così via.

Come fa a leggere un libro?
La persona indossa Horus sugli occhiali e posiziona una pagina di libro davanti ai suoi occhi. Horus legge quanto c'è scritto, dalla prima all'ultima riga.

Come fa a rilevare le strisce pedonali?
Ovviamente sono tutti algoritmi che stanno alla base del funzionamento di Horus. Horus riesce a riconoscere gli attraversamenti pedonali e dire rispetto all'utente se sono paralleli o perpendicolari, aiutando l'orientamento.

Come comunica le informazioni?
Sfruttando la conduzione ossea, così l'udito della persona non ne risulta penalizzato, cosa che avverrebbe con l'uso di un auricolare. Sappiamo infatti quanto sia importante per un non vedente avere sempre a disposizione il senso dell'udito. Con la conduzione ossea è infatti possibile sentire il dispositivo anche in contesti rumorosi. Il nostro motto è: l'invisibile diventa udibile.

Che linguaggio usate per la comunicazione?
In questo momento utilizziamo delle sintesi vocali in commercio. In ogni caso, sappiamo che non possiamo sommergere la persona di parole. Abbiamo dovuto usare descrizioni essenziali, precise e chiare. Abbiamo lavorato su cosa, quanto, come e quando comunicare.

L'utilizzatore come comunica con Horus?
Tramite pulsanti, interazione vocale o compiendo delle semplici azioni, che permetteranno al dispositivo di capire il contesto in cui si trova e quindi comportarsi di conseguenza. Questa scelta apre la porta verso un'interazione naturale, che possa combinare assieme azioni, voce e pulsanti.

Cosa accade quando la persona è in movimento?
Il dispositivo riconosce se la persona sta camminando e si comporterà di conseguenza.

Horus è montato su di un occhiale, in previsione ci sono altri supporti?
Sì, un cerchietto che anziché sopra la testa è posizionato dietro. Per pure esigenze estetiche.

Da cosa prende energia per funzionare?
Si carica come un telefono cellulare. Stiamo lavorando per aumentare la durata della batteria, per dare un'autonomia di un giorno intero.

State coinvolgendo le persone non vedenti?
Sin dall'inizio abbiamo contattato l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Chiavari, Genova e Savona. Noi abbiamo avuto l'idea poi è stato fondamentale ascoltare i ciechi, capire i loro concreti bisogni per evitare di fare qualcosa che arrivasse calata dall'alto.

State eseguendo anche test?
Stiamo lavorando a stretto contatto con associazioni e con giovani volenterosi di provare la nostra tecnologia. Grazie ad una serie di sondaggi che abbiamo diffuso sia in Italia sia nel Regno Unito abbiamo raccolto tipi di funzioni ritenute utili nella vita di tutti i giorni. I test continueranno, così che l'adattamento sarà continuo.

State utilizzando componenti elettronici ad hoc?
Al momento stiamo scrivendo il software lavorando su schede di sviluppo e hardware adatto alla prototipazione già in commercio. Ma abbiamo buoni contatti con alcune ditte che si sono rese disponibili a fare della componentistica per questo progetto e questo migliorerebbe le performance soprattutto in fatto di miniaturizzazione. Per i supporti, le montature e la consolle, stiamo utilizzando tecniche di stampa 3D.

Ci sono altri dispostivi simili in commercio?
C'è molto fermento in questo settore. Ci sono apparecchi russi, israeliani, americani che utilizzano sistemi diversi dagli infrarossi agli ultrasuoni e sistemi applicati ai videogiochi.

Perché Horus è diverso dagli altri?
Horus non richiede di essere connesso ad internet per poter eseguire le funzionalità pensate e non si appoggia a smartphone o altri dispositivi. L'innovatività risiede soprattutto nella possibilità di aggiungere funzionalità successivamente e permette all'utente di personalizzare le informazioni facendo memorizzare ad Horus gli oggetti che utilizza più frequentemente e i volti delle persone a lui più care. Inoltre utilizzeremo tutti gli input possibili per rendere l'interazione il più naturale possibile.

Quanto costerà al cliente Horus Technology?
Quanto uno smartphone di alta gamma, attorno ai mille euro.

Al momento però è solo un prototipo. Quando entrerà in produzione?
Quando avremo i fondi per farlo. Stiamo sperimentando il crowdfunding, il nuovo modo di raccogliere fondi.

Ce ne parli.
Chi ha un progetto piuttosto strutturato, nel nostro caso abbiamo un prototipo, può presentarlo on line su siti dedicati al crowdfunding. Da quel momento scattano 60 giorni dove si raccolgono donazioni da parte di singoli o gruppi, aziende, associazioni. Per poter produrre 4 prototipi abbiamo bisogno di 30 mila euro, che comprendono non solo la produzione dell'ausilio ma anche tutto il monitoraggio del suo utilizzo. Il sito è questo:
http://crowd.horus.technology. È ancora possibile donare.

Da chi saranno usati i prototipi?
Contiamo sull'aiuto dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti per individuare le persone che potranno effettuare i test necessari. Sarà nostro impegno creare un percorso comune con l'utente che parteciperà a questa avventura con noi, seguendolo passo passo in ogni necessità e discutendo con lui ed altri interessati le possibili migliorie da apportare. Per questo motivo abbiamo bisogno di investire in diversi tipi di hardware, in modo da realizzare un dispositivo che sfrutti gli ultimi ritrovati tecnologici e pur mettendo a disposizione il nostro tempo gratuitamente, ci dovremo spostare per avere un contatto diretto con le persone che potranno provare il prototipo. Chi si volesse candidare per una prova, contatti la sezione UICI di riferimento e chieda di mettersi in contatto con noi.

Abbiamo parlato tanto di Horus, ma chi sono i suoi inventori? Chi è Luca Nardelli?
Sono uno studente del Corso di Laurea Magistrale in Bioingegneria (indirizzo Neuroingegneria) presso l'Università degli Studi di Genova, e collaboro con Saverio per quanto riguarda la progettazione di Horus e lo sviluppo del software. Ho esperienza in computer vision, machine learning e programmazione (C++ e CUDA per l'elaborazione su GPU).

Chi è Saverio Murgia?
Nelle sue note biografiche, Saverio scrive: Sono laureato in Ingegneria Biomedica e sono attualmente studente del corso di Laurea Magistrale "European Master on Advanced Robotics" tra Genova, Nantes e Losanna. Ho effettuato un tirocinio all'Istituto Italiano di Tecnologia, presso il Dipartimento di Robotica Avanzata, e ho collaborato con l'Università degli Studi di Genova e col Politecnico di Torino per la progettazione di un rover lunare.

Chi è Benedetta Magri?
Nelle sue note biografiche, Benedetta scrive: Sono laureanda in Economia Aziendale presso l'Università di Genova. In Horus mi occupo degli aspetti di analisi di mercato e strategica, oltre alla creazione della rete di rapporti con le associazioni. Dal 2011 faccio parte del Leo Club Rapallo - Santa Margherita Ligure - Portofino, associazione di giovani riuniti sotto il motto "We serve".

Horus non restituisce la vista ai ciechi...
Horus Technology intende contribuire a dare sicurezza e autonomia ai ciechi e agli ipovedenti che possono comprendere il mondo circostante grazie a un assistente personale disponibile in qualunque luogo e in qualunque momento.



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