Numero 7 del 2019
Titolo: A lume di legge
Autore: a cura di Roberta Natale
Articolo:
Pillole di evoluzione: ordinamento italiano e Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili
Con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009, il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007.
In questa nuova prospettiva, la Convenzione si inserisce nel più ampio contesto di tutela e di promozione dei diritti umani delle persone disabili, definito in sede internazionale fin dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 e consolidatosi nel corso dei decenni, confermando i principi fondamentali in tema di riconoscimento dei diritti di pari opportunità e di non discriminazione. Il documento, inoltre, rappresenta un passo in avanti decisivo per la costruzione di un Welfare moderno, maggiormente inclusivo, equo ed efficiente e colloca regole ben precise affinché i Governi degli Stati membri aderenti pongano in essere tutti gli atti necessari a rendere effettivi i diritti delle persone affette da disabilità.
Educazione e lavoro sono due ambiti particolari cui la Convenzione fa riferimento invitando a un impegno preciso le Istituzioni e le Società civili. Come per ogni persona, il percorso di istruzione, formazione ed esperienza lavorativa rappresenta momenti essenziali anche per la vita di una persona disabile. Nei suoi principi ispiratori la Convenzione non riconosce «nuovi» diritti alle persone con disabilità ma intende assicurare che queste ultime possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, di tutti i diritti riconosciuti agli altri consociati, in applicazione del principio generale di eguaglianza.
L'ordinamento italiano, si è dovuto così nel suo complesso conformare ai valori e agli obiettivi della Convenzione, necessitando di alcuni interventi di adeguamento. Si pensi, ad esempio, alla definizione di «persona handicappata» ex art. 3, co. 1, legge n. 104-1992, ormai superata e conformata al «modello bio-psico-sociale della condizione di disabilità» ai sensi dell'art. 1, co. 2 della Convenzione che così recita: «Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri». Nell'ordinanza n. 285 del 2009, la Corte Costituzionale ha qualificato, l'entrata in vigore della Convenzione per l'Italia, come elemento di «novità», tale da «imporre un riesame di lettura delle leggi esistenti e degli stessi principi costituzionali». In tale prospettiva, vale la pena ricordare la sentenza resa dal Tribunale civile di Arezzo del 2012, relativa all'erogazione di prestazioni assistenziali in favore delle persone con disabilità. In particolare, il giudice aretino si è pronunciato invocando il rispetto e la supremazia dei «principi affermati dalla Convenzione».
Per altro verso, i giudici italiani si sono serviti del documento suindicato per integrare la disciplina italiana in materia di tutela dei disabili in tre aree tematiche. Un primo settore di intervento ha riguardato la qualificazione delle pretese giuridiche del disabile nel mondo lavorativo e sociale, come ad esempio quella della parità di trattamento dei lavoratori o l'adeguamento della postazione lavorativa. L'articolo 27 della Convenzione statuisce che gli Stati Parti hanno un obbligo giuridico di riconoscere il diritto delle persone con disabilità al lavoro su base di parità con gli altri e di favorire la loro inclusione ed accessibilità.
Un altro ambito è costituito dalla definizione di «disabile». La Corte di Cassazione si è servita della definizione contenuta nell'art. 1 della Convenzione per «aggiornare» la disciplina italiana sul punto ed accogliere una nozione che, proponendo un modello «sociale» di disabilità, doveva essere riconfigurato sulla base di una relazione tra menomazione personale ed esistenza di barriere ambientali e sociali. Una terza ed ultima area di intervento, ha avuto ad oggetto i poteri dell'amministratore di sostegno ex art. 404 ss. del codice civile. L'adattamento del diritto italiano alla Convenzione ha determinato l'ingresso di una serie di norme, anche piuttosto dettagliate, che i giudici italiani hanno ritenuto idonei ad introdurre nel nostro ordinamento giuridico.
Da questa breve analisi si è voluto mettere in luce, come nel corso storico il diritto italiano si è dovuto, nel suo complesso, conformare ai principi riconosciuti e sanciti dalla Convenzione in tema di protezione dei disabili. E ciò grazie soprattutto all'operato dei giudici, in particolare quelli costituzionali, sia attraverso la tecnica dell'interpretazione conforme sia integrando - ove necessario - la disciplina italiana contribuendo così ad ampliare il grado di inclusione sociale delle persone disabili nella società civile.