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Il Progresso

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Numero 9 del 2019

Titolo: Biotech- Il primo Dna di un organismo vivente generato da un computer

Autore: Redazionale


Articolo:
(da «Ansa.it» del 2 aprile 2019)
Per la prima volta il Dna di un organismo vivente è stato interamente generato da un algoritmo: ha la forma di una molecola circolare con 680 geni artificiali, «riscritti» semplificando quelli di un batterio d'acqua dolce (Caulobacter crescentus), e presto potrebbe essere trasferito in una cellula per dare vita al nuovo batterio sintetico Caulobacter ethensis-2. 0. Il risultato è pubblicato sulla rivista dell'Accademia delle scienze degli Stati Uniti (Pnas) dai ricercatori del Politecnico di Zurigo (Eth), che spiegano come sono riusciti a ottenere il risultato con tempi e costi notevolmente ridotti rispetto a quelli affrontati 11 anni fa per la prima cellula artificiale dal pioniere delle ricerche sulla vita sintetica, Craig Venter.
Il primo genoma sintetico di un batterio ottenuto da Venter era una copia identica del Dna del batterio Mycoplasma mycoides: la sua messa a punto fu così complessa da richiedere dieci anni di lavoro di 20 ricercatori, con un costo complessivo di circa 40 milioni di dollari. Per semplificare questa procedura, i ricercatori dell'Eth di Zurigo non hanno copiato tutti i 4.000 geni del Caulobacter, ma hanno usato come modello solo 680 di questi geni, quelli essenziali per la sua sopravvivenza, e li hanno riscritti grazie a un algoritmo che ha permesso di eliminare tutti gli elementi ridondanti comparsi nel corso dell'evoluzione.
Su un totale di 800.000 «lettere» che compongono questo Dna minimale, una su sei è stata così rimpiazzata, mantenendo intatta la funzione biologica (cioè la produzione della proteina corrispondente). «Quello che Venter ha fatto in dieci anni, con la nostra nuova tecnologia è stato ottenuto nel giro di un anno con un costo di 120.000 franchi svizzeri», spiegano i ricercatori, che già pensano alle possibili applicazioni dei batteri sintetici come «fabbriche» di farmaci e vaccini. Sono però i primi a riconoscere che serve «una profonda discussione nella società riguardo alle applicazioni di questa tecnologia e alla prevenzione di eventuali abusi».



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