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Corriere Braille

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Numero 20 del 2019

Titolo: Ambito di applicazione delle norme sull'accessibilità informatica - prima parte

Autore: Marco Pronello


Articolo:
Con la firma e la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006, l'Unione Europea e la maggior parte degli Stati membri, tra cui l'Italia con la legge 18-2009, si sono impegnati, tra l'altro, ad adottare misure adeguate per garantire l'accesso alle tecnologie e ai sistemi di informazione e comunicazione, così come definiti all'art. 2, alle persone con disabilità, cioè a chi presenta menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali durature che, interagendo con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione alla società in condizioni di parità con gli altri (preambolo lett. E art. 1 comma 2). I firmatari si sono impegnati inoltre ad elaborare, adottare e monitorare l'attuazione di norme minime e linee guida per l'accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico, astenendosi dall'intraprendere ogni atto in contrasto con la Convenzione. Questa prevede inoltre che la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi debba consentirne l'uso da parte di tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. Questo principio di progettazione universale di cui all'art. 2 non esclude, se necessari, dispositivi di assistenza per particolari gruppi di persone con disabilità, pensiamo ad esempio alle tecnologie assistive di lettura schermo per le persone con disabilità visiva.
In ambito comunitario, è intervenuta la Direttiva Ue 2016-2102 relativa all'accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici, ai fini di uniformare le norme in vigore nei singoli paesi membri basate su linee guida internazionali ormai obsolete, (art. 1 primo comma e considerando 5), di facilitare l'ingresso, la permanenza sul mercato e la concorrenza delle piccole e medie imprese che si occupano di progettazione di siti internet e di applicazioni mobili e di diminuire i costi troppo esosi della resa accessibile dei loro prodotti (considerandi 6-9). In ambito interno, la norma di riferimento è la legge 4-2004 (legge Stanca), come modificata dal decreto legislativo 106-2018, recante disposizioni per favorire e semplificare l'accesso degli utenti e, in particolare, delle persone con disabilità agli strumenti informatici. Analizziamole in combinato disposto, considerata l'identità fattuale degli ambiti e considerato che il Dlgs. 106-2018 ratifica la direttiva nell'ordinamento italiano.
La legge Stanca dà una definizione diretta di accessibilità, cioè «la capacità dei sistemi informatici ivi inclusi i siti web e le applicazioni mobili, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari» (art. 2 comma 1 lett. A), mentre la direttiva ne dà una indiretta, demandando agli stati membri il controllo affinché i siti web e le applicazioni mobili degli enti pubblici siano percepibili, utilizzabili, comprensibili e solidi (art. 4). Ciò precisato, quello che salta subito agli occhi è l'applicabilità più ampia della legge Stanca rispetto alla direttiva. Infatti il titolo della direttiva fa esplicito riferimento agli enti pubblici come soggetti esclusivi destinatari della norma, mentre il titolo della legge Stanca non pone limiti nella sua lettera.
L'ambito di applicazione della legge è molto vasto e sicuramente non tipizzato: infatti «è tutelato e garantito, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone con disabilità, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione» (art. 1 comma 2) e si applica alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1 comma 2 del Dlgs. 165-2001, cioè a «... tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale», agli enti pubblici economici, alle aziende private concessionarie di servizi pubblici, alle aziende municipalizzate regionali, agli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, alle aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico e alle aziende appaltatrici di servizi informatici, a tutti i soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l'erogazione dei propri servizi tramite sistemi informativi o internet e agli organismi di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, punto 4, della direttiva 2014-24-Ue, cioè agli organismi istituiti per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, dotati di personalità giuridica e finanziati per la maggior parte dallo Stato, dalle autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico, o la cui gestione è posta sotto la vigilanza di tali autorità o organismi, o il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, da autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico.
Clausole di espressa esclusione esistono, evidentemente, laddove i legislatori comunitario ed interno abbiano ravvisato situazioni in cui sarebbe irragionevole pretendere la piena accessibilità. Tuttavia, mentre l'elenco delle inclusioni è definito soggettivamente dall'art. 1 comma 2 della legge Stanca, ma non dalla direttiva, i casi di esclusione sono definiti oggettivamente, ossia attraverso l'indicazione delle fattispecie nelle quali la legge non trova applicazione indipendentemente dalla qualifica del soggetto interessato, perché riferibili a determinati sistemi informatici appartenenti, per legge o per loro natura, ad un ampio ventaglio di ipotesi. Sono esenti, secondo il combinato disposto della direttiva e della legge interna, i contenuti di extranet, intranet o siti web e i contenuti che si trovano su dispositivi mobili o programmi utente per dispositivi mobili sviluppati per gruppi chiusi di utenti o per uso specifico in determinati contesti e non disponibili e usati da ampi segmenti di pubblico (considerando 20 della direttiva e art. 2 comma 1 lett. A-quater) della legge Stanca) e in particolare a quelli pubblicati prima del 23 settembre 2019 fino a una loro revisione sostanziale (art. 1 comma 4 lett. G della direttiva e art. 3 comma 2 della legge Stanca). Qui finiscono le limitazioni fatte proprie dalla lettera della legge italiana. Ferma la previsione, ovvia in diritto sostanziale, dell'art. 2 che fa salva la possibilità in capo agli Stati membri di mantenere o introdurre misure conformi al diritto dell'Unione che vadano al di là delle prescrizioni minime della direttiva (si veda anche il considerando 34), la medesima prevede altre clausole di esclusione. All'art. 1 comma 3 esime dall'obbligo di accessibilità i siti web e le applicazioni mobili delle emittenti di servizio pubblico e delle società da esse controllate e di altri organismi o loro società controllate per l'adempimento di un compito di radiodiffusione di servizio pubblico (lett. A) e anche considerando 23), e i siti web e applicazioni mobili di Ong che non forniscono servizi pubblici essenziali per il pubblico o servizi specifici per le esigenze delle persone con disabilità o ad esse destinati (lett. B) e anche considerando 25).
(Continua)



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