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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 23 del 2019

Titolo: L'Aquila, la nuova sede Uici e il futuro

Autore: Vincenzo Massa


Articolo:
Due giorni ricchi ed intensi d'appuntamenti per il Presidente nazionale Uici Mario Barbuto, e i componenti della Direzione Nazionale che, prima della pausa pasquale, si sono recati a L'Aquila per testimoniare il sostegno e la gratitudine alla dirigenza territoriale per tutto il lavoro che viene svolto in una zona che in questi anni ha subito tante tragedie. L'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti de L'Aquila, a dieci anni dal sisma che aveva quasi totalmente distrutto i locali sezionali, lancia un grande messaggio di speranza riappropriandosi dei quei luoghi di rappresentanza che erano stati feriti dal devastante sisma del 2009. I dirigenti aquilani, con in testa il presidente Antonio Rotondi, hanno voluto un momento semplice in cui i protagonisti fossero i soci e tutte le persone che continuano a sostenere l'azione quotidiana dell'associazione. A rafforzare questo messaggio ci hanno pensato tutti i presidenti territoriali presenti insieme al presidente regionale Santino di Marcantonio oltre, naturalmente, ai vari consiglieri territoriali e regionali abruzzesi.
«Sono molto emozionato oggi perché ritroviamo la nostra casa» inizia così il presidente Antonio Rotondi che continua «non pensavo si potessero, in maniera così forte, provare queste emozioni. Oggi ritrovarci tutti insieme a lanciare un messaggio di speranza e fiducia per il futuro è davvero straordinario. Voglio ringraziare la generosità ed il sostegno degli aquilani che hanno riconosciuto all'Uici l'attività svolta dalla nostra sede, in quei tragici momenti per l'intera popolazione. Voglio ringraziare i presidenti delle altre sezioni abruzzesi unitamente al nostro presidente regionale. Ai nostri dirigenti nazionali e al presidente Barbuto chiedo di continuare a sostenere gli sforzi di questa terra che sta provando a rialzare la testa».
Il presidente nazionale Uici Mario Barbuto, prendendo spunto da questo intervento, ha così esordito: «Credo che Antonio provi un pizzico di emozione per il significato ed il valore che ha questo luogo e di come lo stiamo riempiendo in questo momento. Questo luogo è in qualche modo un simbolo della nostra Associazione. Credevamo di aver trovato un punto di stabilità, il massimo della confortevolezza nel 2007 quando è stata presa questa sede e invece un evento incontrollabile lo ha distrutto: il terremoto. Il terremoto è un evento sismico, un fatto geografico e, qualche volta, è anche un fatto politico e quando è un fatto politico, vedete, sono forti dolori. È venuto giù un pilastro, che ha messo la sede in condizione di inagibilità, inabitabilità, che ne ha richiesto la ricostruzione. Noi dobbiamo, nella nostra Associazione, essere bravi a presidiare i pilastri che abbiamo, a tenerceli cari. I pilastri che sono la nostra storia, le rivendicazioni e le lotte sulle quali ci siamo organizzati e ci siamo spesi per cento anni e continueremo ancora a spenderci. Questa è l'Associazione che è stata capace, tanti anni fa di mettere in piedi la Marcia del dolore, che ha portato centinaia di ciechi a piedi da Firenze a Roma, dopo che molti di loro avevano comunque raggiunto Firenze con grandi difficoltà. Non c'erano Frecce rosse, si camminava di scarpa. Questa è un'Associazione che sa rivendicare il proprio diritto, sa rappresentare i propri associati, sa tutelare le persone di cui si è fatta carico. Ma oggi questa responsabilità e questo peso, oltre che questo onore, ricadono su di noi che ci siamo assunti l'incarico di dirigenti nazionali, con una responsabilità ben precisa, con dei compiti, dei doveri e soprattutto con qualcosa che dobbiamo portare nella mente e nel cuore: l'amore per questa Associazione, l'amore che ha portato, granello per granello, mattoncino per mattoncino, alla ricostruzione fisica di questa struttura, di questa sede, così come oggi è, bella, nuova, funzionale, quell'amore che deve portare tutti noi a renderci consapevoli di quanto sia importante aggiungere il proprio mattoncino alla costruzione, aggiungere la propria mano, la propria spalla, la propria schiena per sostenere quei pilastri che non devono cadere, che non possono cadere, che devono essere capaci di resistere ai terremoti, soprattutto a quelli politici, che devono essere capaci di tenere in piedi una casa come la nostra, che è la casa del cieco, la casa dell'ipovedente, la casa delle persone con disabilità plurime, che stanno molto peggio di noi, la casa di tutti noi, e dentro la casa cosa si fa? si fa famiglia, e la famiglia cosa è? Scherzando qualcuno porta ad esempio dei film tipo "Parenti serpenti", o qualcosa del genere, ma noi vogliamo fare una famiglia che tenga fuori i serpenti, che tenga dentro le colombe proprio perché abbiamo bisogno di stare insieme, gli uni vicini agli altri, tutti stretti attorno a quei pilastri che dobbiamo sorreggere, che ci siamo presi l'obbligo di guidare; nessuno ce l'ha ordinato, quindi non lamentiamoci mai del carico di lavoro, della fatica, perché non ci è stata fatta nessuna costrizione, è una scelta che abbiamo fatto, consapevole, onorevole, giusta ma è questa scelta che dobbiamo saper onorare tutti i giorni, tutti i minuti della nostra vita, col nostro comportamento, col nostro esempio, con la nostra trasparenza, in modo cristallino. Dobbiamo esserci, poi ognuno di noi lo farà secondo le proprie capacità e le proprie attitudini, ma con quella che deve essere dentro una famiglia di persone che si vogliono bene, una lealtà di fondo. L'ho già detto in tante occasioni: noi siamo persone che spesso hanno l'occasione e l'opportunità di dividere la tavola, la mensa, di mangiare lo stesso pane, di servirsi della stessa acqua e dello stesso vino, non possiamo noi avere diffidenza e sfiducia nei confronti di chi ci sta vicino, certo, possiamo avere idee, giudizi, opinioni, criticare il nostro operato e l'operato di quelli che ci stanno vicino, perché è dalla critica che nascono le condizioni migliori e le soluzioni più positive, ma dobbiamo farlo sempre con uno spirito e un cuore puro, con un senso di lealtà, di correttezza e di affetto che devono essere posti sopra a tutto e davanti a tutto, quell'affetto per quelle persone che ci stanno vicine, quell'amore per questa Unione. Sedi come questa ce ne sono tante in Italia, però non tutte hanno avuto le articolazioni e le vicissitudini di questa, anzi quasi nessuna per fortuna, ma dico anche onore a questa sezione che ha saputo rimettersi in piedi e ricostruirsi. Penso che dobbiamo ancora di più, tutti insieme, salutare con gioia la presenza nuova di questa sezione e continuare a stare vicini a questa e a tutte le nostre strutture sul territorio perché l'Unione ha bisogno di rimanere forte e ha bisogno di contare sui pilastri che la tengono in piedi. Viva l'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti».
Il giorno successivo i lavori della Direzione Nazionale hanno concluso una due giorni intensa ed emozionante che, ancora una volta, ha dimostrato quanto siano solidi i legami con il territorio abruzzese e di come siano radicati, nell'intera penisola, i valori fondanti dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.



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