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Il Progresso

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Numero 15 del 2019

Titolo: Ambiente- Mare Adriatico sempre più caldo

Autore: Federico Formica


Articolo:
(da «Nationalgeographic.it» del 24 luglio 2019)
I risultati di oltre un secolo di misurazioni
Hanno iniziato nel 1899 gli scienziati dell'impero austro-ungarico, calando nelle acque del porto di Trieste un termometro al mercurio con una cordicella. Oggi i ricercatori del Cnr-Ismar utilizzano sonde al platino, fissate su delle boe, il cui margine di errore è inferiore al decimo di grado. Ma la serie di dati è sempre la stessa, da 117 anni e, tranne undici anni a cavallo delle due guerre mondiali, non si è mai interrotta. Quella delle temperature nell'alto Adriatico è una delle serie più lunghe mai registrate nel mar Mediterraneo. Questo pozzo di dati fornisce informazioni preziose su come è cambiata la temperatura del nostro mare orientale e, di conseguenza, il suo equilibrio ecologico. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista internazionale Earth System Science Data ed è stato messo a disposizione di tutta la comunità scientifica - ma anche di tutti i cittadini - su una piattaforma aperta.
Le rilevazioni dicono che in oltre un secolo la temperatura dell'alto Adriatico è cresciuta di 1,1 gradi centigradi ma, partendo dal 1946 e arrivando ai giorni nostri, il trend per secolo sale a 1,3 gradi. «Significa che nel corso degli ultimi cinquant'anni l'aumento della temperatura sta subendo una accelerazione» spiega Renato Colucci del Cnr Ismar di Trieste, uno dei ricercatori che ha realizzato lo studio, il cui primo autore è Fabio Raichich.
Un'altra tendenza rilevata dalla serie di dati, e che preoccupa gli esperti, è l'aumento della frequenza dei giorni nei quali la temperatura superficiale ha raggiunto o superato i 28 gradi. Una soglia non casuale, spiega ancora Colucci: «In oceanografia questa è considerata la temperatura oltre la quale si possono sviluppare uragani». E anche se l'Adriatico, rassicura il ricercatore, è troppo piccolo perché questo possa accadere, resta un campanello di allarme per tutto il Mediterraneo. C'è un precedente che ancora ricordiamo bene: la tempesta che distrusse molti boschi delle nostre Alpi (soprattutto orientali) nello scorso novembre. «In quei giorni l'acqua del Mediterraneo era più calda del normale. E oggi sappiamo che se la temperatura superficiale fosse stata inferiore, quell'evento sarebbe comunque accaduto ma i venti sarebbero stati inferiori di 20-30 chilometri orari. E non sarebbero caduti così tanti alberi» spiega ancora Colucci.
Mettere insieme i vecchi dati analogici con quelli digitali non è stata una semplice addizione. «Sono state necessarie alcune correzioni perché, soprattutto nei primissimi decenni le temperature non venivano rilevate sempre alla stessa profondità - spiega Colucci - ed erano prese sul momento: significa che si misurava e poi si estraeva il termometro, ma se fuori faceva freddo oppure molto caldo, questo influiva sul dato». I ricercatori hanno quindi applicato una «barra di errore» che è variata nel corso dei 117 anni fino ai giorni nostri in cui, come detto, il margine di errore è infinitesimale. L'aumento della temperatura superficiale incide anche sulla fauna marina, con alcune specie che lentamente abbandonano l'Adriatico alla ricerca di acque più fredde e altre che, viceversa, arrivano da sud e si riproducono, spesso mettendo a rischio quelle locali. Una tendenza destinata ad aumentare. Fabio Grati, ricercatore e biologo marino all'Irbim Cnr, fa l'esempio del pesce serra (Pomatomus saltatrix): «È arrivato dall'Adriatico meridionale e ora è una delle specie dominanti anche più a nord. L'impressione è che in alcune zone stia sostituendo la nostra spigola (Dicentrarchus labrax)». Il riscaldamento dell'acqua sta convincendo lo scampo (Nephrops norvegicus) a fare le valigie per trasferirsi in acque più fredde «e nei suoi stessi areali stiamo notando un aumento di altre specie, come il gambero rosa e la mazzancolla» continua Grati, «anche in questo caso pensiamo che il cambiamento climatico abbia una sua influenza».
Non esistono serie di dati così lunghe per il mar Tirreno, tuttavia la tendenza è la stessa in tutto il Mediterraneo. In uno studio pubblicato nel 2016 si stima che a fine secolo la temperatura media superficiale dell'intero bacino avrà subìto un aumento tra gli 1,5 e i 3 gradi centigradi rispetto ai livelli attuali, a seconda dello scenario che si verificherà. Una delle conseguenze più pericolose di questa tendenza è che aumenterà anche la frequenza delle cosiddette «ondate di calore marine». Quella del 2003 è ancora oggi un caso di studio: quel fenomeno - che solo in Italia causò circa 4.000 vittime - fece molti danni anche nel nostro mare, causando la morte di quasi l'80% delle gorgonie tra il golfo di Genova e il golfo di Napoli, l'area più colpita. Secondo lo studio che ha analizzato la catastrofe climatica del 2003 «seguendo l'attuale tendenza di riscaldamento climatico, nel prossimo futuro potrebbero verificarsi nuovi eventi di morti di massa che, verosimilmente, potranno innescare una serie di crisi di biodiversità nel mar Mediterraneo».



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