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Kaleîdos

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Numero 21 del 2019

Titolo: Serve un po' di gentilezza

Autore: Vera Caprese


Articolo:
(da «Donna Moderna» n. 48-2019)
Che cos'hanno in comune la collezione estiva di Blumarine, l'ultimo libro del famoso scienziato Carlo Rovelli e la nuova Rete nazionale di assessori comunali? La gentilezza. È questo infatti il tema dell'ultima sfilata della stilista Anna Molinari, che ha presentato gli abiti della prossima stagione come un inno alla cortesia e al garbo. Il celebre fisico, inserito dalla rivista Foreign people tra i più influenti al mondo, ha intitolato il suo ultimo volume «Esistono luoghi in cui la gentilezza conta più delle regole» (Ed. Corriere della Sera). E sul fronte istituzionale è appena nata la Rete nazionale degli assessori alla gentilezza, impegnati a promuovere il senso di comunità e la collaborazione tra i cittadini, che conta oltre 40 nomine da Nord a Sud. L'importanza di pratiche virtuose nella vita di tutti i giorni è testimoniata anche dal primo Festival nazionale della gentilezza in corso fino al 17 novembre: oltre 100 appuntamenti in tutta Italia tra incontri, laboratori e workshop all'insegna delle azioni cortesi da condividere (www.coltiviamogentilezza.it). Insomma, una vera e propria invocazione collettiva a mettere questo atteggiamento al centro delle nostre vite. «Nonostante sia spesso liquidata come sinonimo di «buone maniere», la gentilezza non equivale affatto alla cordialità zuccherosa» spiega l'antropologo Marino Niola. «È invece una qualità cardine che racchiude in sé molte altre virtù: la mitezza, ovvero la pacatezza che non esclude la fermezza contro l'ingiustizia; il rispetto, che rappresenta la disponibilità e la considerazione verso l'altro; la grazia, che nella sua declinazione quotidiana rappresenta la materia prima del più grande dono fatto all'uomo».
È un valore alla base della nostra civiltà. Perché questo ritorno in voga di una dote, diciamocelo, così «antiquata»? «Perché oggi più che mai sembra essere a rischio di estinzione» spiega l'antropologo. «L'esempio più eclatante è il web dove l'hate speech, sotto la spinta dell'anonimato, dell'uso e dell'abuso di profili falsi e del dilagare delle fake news, è diventato quasi una cifra distintiva delle interazioni online». Ma se i social hanno potenziato e moltiplicato il fenomeno, diffidenza e ostilità non sono certo prerogativa esclusiva della Rete. «La politica ha ormai sdoganato i toni aggressivi, la provocazione aspra e la denigrazione dell'avversario. In generale, nella società della competitività spietata le parole d'ordine sono aggressività e prepotenza, mentre gentilezza fa sempre più rima con debolezza». Eppure, non è stato sempre così. Ce lo mostra la storia: «Già ai tempi di Carlo Magno i cavalieri feudali, invece di uccidersi a vicenda, tenevano a bada la loro brutalità con la gentilezza, nel nome del codice cavalleresco ispirato ai valori di lealtà, clemenza e difesa dei più deboli» racconta Carlo Rovelli. Non solo. Nel XIII secolo, la gentilezza che fino ad allora era uno status sociale legato alla nobiltà di nascita, è diventata una dote spirituale, una spinta alla ricerca comune del bello, del buono e del vero. Una concezione questa che ha attraversato la storia dall'Umanesimo all'Illuminismo, ed è alla base della nostra civiltà.
Riduce stress e ansia. Che gli insegnamenti della cortesia siano attualissimi lo dimostra la decisione dell'università della California, dove è appena stato aperto il primo Istituto di ricerca interdisciplinare sulla gentilezza. Lo scopo è quello di supportare la ricerca dal punto di vista biologico, psicologico, economico e culturale, oltre alla creazione di una piattaforma globale per educare e comunicare i suoi risultati. «La scienza da tempo ha certificato che anche un piccolo gesto aiuta a combattere lo stress, l'ansia e la depressione, fa sentire appagato chi lo compie e grato chi lo riceve» dice Niola. «Gli antropologi stanno già analizzando come la gentilezza si diffonde da persona a persona e da gruppo a gruppo e cercano di scoprire quali siano i meccanismi biologici innescati da un sorriso o un atto di cortesia».
Migliora la produttività. Nell'attesa di conoscerli, la gentilezza si propone come strada da seguire verso traguardi umani, intellettuali e anche di eleganza. «Nessuno è chic se parla male degli altri, se sbraita o è arrogante. La più alta forma di eleganza è la gentilezza» è la lezione di Anna Molinari. Mentre Rovelli propone di farne uno stile «sociale»: «È il valore che permette a una mente brillante di arricchirsi, spaziando tra numerose passioni, affacciandosi a nuove prospettive» sostiene. «È l'istinto al conflitto quello che ci danneggia. La collaborazione, tra persone o tra popoli, porta sempre un vantaggio comune». Anche, per buona pace degli scettici, dal punto di vista della produttività: secondo una ricerca della Stanford University, in America il 20% delle grandi compagnie offre corsi di «empathy training» ai dirigenti per imparare a creare in ufficio un ambiente più collaborativo e meno aggressivo. Addirittura l'80% dei manager considera l'empatia fondamentale per avere successo sul lavoro, mentre i costi per le cure mediche salgono del 46% in contesti professionali stressanti. A quasi 2 secoli di distanza, le parole del grande Wolfgang Goethe sono ancora vere: «La gentilezza è la catena d'oro che tiene legati gli uomini».



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