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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 4 del 2020

Titolo: Informatutto

Autore: a cura di Alessandro Locati


Articolo:
Doppio rapporto: dipendente e consulente a partita iva
D. È possibile aprire una partita Iva ordinaria, per fatturare le provvigioni, e avere contemporaneamente un contratto da dipendente con un fisso mensile con la stessa azienda? Si tratterebbe di due attività diverse svolte per la stessa azienda: una di consulente informatico (svolta come dipendente part-time, sotto i 30 mila euro di stipendio fisso annuale) e una di consulente commerciale-venditore (con partita Iva, con fatture anche sopra i 100 mila euro all'anno, sempre alla stessa azienda). Queste fatture sarebbero provvigioni calcolate su operazioni di vendita di un prodotto dell'azienda (un prodotto finanziario, non informatico).
R. Non è raro che si presenti una situazione come quella rappresentata dal lettore. Premesso che non esiste un divieto assoluto di legge, tuttavia, tale commistione di ruoli e, immaginiamo, di orari (senza che tale elemento possa in ogni caso essere considerato «fondamentale») non piacciono mai al personale ispettivo. Nella sostanza, si dovrebbe dimostrare - per considerare legittima la cosa - che la situazione, ossia l'attività di consulenza a partita Iva sia gestita in maniera totalmente indipendente, senza utilizzare attrezzature dell'azienda, senza ricevere direttive e-o rispettare orari eccetera. Una possibile alternativa consiste nel ricorrere all'assistenza di una commissione di certificazione, affinché si pronunci in merito.
Redatto da Alberto Bosco e Josef Tschöll
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» del 2 dicembre 2019)

Tastiera numerica sui portoni: competenza dell'assemblea
D. Un condomino chiede all'amministratore di installare una tastiera numerica per l'apertura del portone comune, sulla facciata di un edificio storico vincolato. L'amministratore si limita a inoltrare la richiesta agli altri condomini, dicendo che, «se la maggioranza non si oppone», la tastiera sarà installata. Pertanto, l'apparecchio è stato posizionato, con evidente deturpamento dell'ingresso, che all'evidenza non può essere stato autorizzato dalla soprintendenza. Una decisione di questo genere non doveva passare da una delibera di assemblea? Aggiungo che, la si voglia considerare innovazione o miglioria, il regolamento condominiale prevede per entrambe la maggioranza di 2-3 dei condomini, sia in prima che in seconda convocazione. In ogni caso, quella delibera non sarebbe stata nulla in base all'articolo 1120 del Codice civile, in quanto «sono vietate quelle innovazioni (...) che ne alterino il decoro architettonico»? Vi può essere una responsabilità dell'amministratore di condominio?
R. Sicuramente l'installazione di una tastiera numerica per l'apertura del portone condominiale è di competenza dell'assemblea condominiale e prevede una delibera di approvazione in una regolare adunanza. Quanto, poi, alla possibile lesione del decoro architettonico, essendo lo stabile un edificio storico vincolato, vi è da rilevare che, se effettivamente vi è una lesione dell'estetica dello stabile, la delibera assembleare non è sufficiente, potendo ciascun condomino opporsi per la tutela del decoro architettonico. Non si ritiene che possa considerarsi innovazione l'installazione della tastiera numerica per l'apertura del portone, trattandosi di una modifica del meccanismo di chiusura e non un'opera completamente nuova (si veda, fra le altre, la Cassazione civile 3509-2015).Peraltro, in base al regolamento condominiale, nel caso di specie non vi sarebbe differenza fra innovazione e opera straordinaria. Se l'amministratore ha provveduto senza una delibera e fuori dai suoi poteri, vi è stato un comportamento irregolare, ancorché non si ritiene così grave da comportarne la revoca. Può, comunque, essere convocata un'assemblea per ratificarne o meno l'operato.
Redatto da Cesarina Vittoria Vegni
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» del 16 dicembre 2019)

Malfunzionamento alle terme, il cliente ha diritto al rimborso
D. Sono rimborsabili le cure termali a pagamento, non fruite a causa di malfunzionamento all'impianto della struttura termale? E se propongono di farle in periodi posticipati, ma l'utente non può tornare?
R. Il lettore potrà chiedere il rimborso di quanto pagato per la prestazione richiesta e non effettuata a causa del malfunzionamento dell'impianto direttamente allo stabilimento termale, in quanto è questo ad essersi reso inadempiente nei confronti dell'utente. L'eventuale posticipo del godimento delle cure è un'opzione che il lettore potrà accettare, ma la legge obbliga il debitore inadempiente al risarcimento del danno salvo che l'impossibilità della prestazione derivi da una causa a lui non imputabile.
Redatto da Maurizio Di Rocco
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» del 23 dicembre 2019)

Paga i costi involontari anche l'immobile vicino alla caldaia
D. Ho ristrutturato un appartamento in un condominio di cinque unità, con impianto di riscaldamento centralizzato verticale. Il mio appartamento è stato dotato di un sistema di contabilizzazione diretta, con contatore in prossimità della caldaia, mentre gli altri appartamenti sono dotati di contabilizzazione indiretta (valvole termostatiche e ripartitori di calore). Devo partecipare ugualmente alla ripartizione dei costi di riscaldamento involontari anche se per quanto mi riguarda sono minimi, in considerazione della vicinanza del contatore alla caldaia?
R. Le spese per il riscaldamento corrispondenti ai consumi involontari, ovvero per la produzione del calore che si disperde lungo la rete, si ripartiscono sempre sulla base della tabella del riscaldamento, indipendentemente dai prelievi volontari, ma anche indipendentemente dalla contiguità alla centrale termica. Non importa, cioè, quanto calore vada, di fatto, disperso lungo la rete per consentire a ciascun condomino di prelevare volontariamente calore dall'impianto. Appare ragionevole, del resto, non tener conto della dislocazione delle unità immobiliari rispetto alla centrale termica ai fini del riparto delle spese di riscaldamento. Meno ragionevole potrebbe risultare la norma per cui la tabella-riscaldamento debba essere redatta sulla base del fabbisogno termico delle singole unità immobiliari, con penalizzazione delle unità immobiliari più esposte e che meno beneficiano delle dispersioni del calore prelevato volontariamente da altri condomini. Questa volta, infatti, la dislocazione dell'unità immobiliare all'interno dell'edificio diventa un fattore di grande rilievo ai fini del riparto delle spese di riscaldamento.
Redatto da Pierantonio Lisi
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» del 30 dicembre 2019)



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