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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 44 del 2020

Titolo: Storia dell'Unione

Autore: Vincenzo Massa


Articolo:
La Presidenza Barbuto
Siamo a febbraio 2014 quando giungono le dimissioni del presidente Tommaso Daniele che apre la sua lettera in questo modo: «Carissimi, con qualche giorno di anticipo sulla data fissata, il 28 febbraio, comunico la mia volontà di dimettermi irrevocabilmente dalla carica di Presidente Nazionale. La nostra Unione ha bisogno di un Presidente che sia nel pieno delle proprie energie e non so se basterà con i tempi che corrono. Ho sempre dichiarato che sarei rientrato a condizione di recuperare il cento per cento delle mie capacità, ma ancora non ci siamo: sto meglio, molto meglio, ma non sono in grado di garantire la qualità e la quantità del lavoro di prima. Non è stata una scelta facile: 28 anni di impegno associativo non si cancellano con un colpo di spugna».
Questo momento difficile di passaggio trova, però, un protagonista, Mario Barbuto, che si presenta alla dirigenza e alla base associativa con una riflessione dal titolo «Persone giuste al posto giusto», indizio importante di una disponibilità a diventare il sesto Presidente dell'Uici.
«Libere riflessioni per la scelta del nuovo Presidente. Fra poco più di un anno la nostra associazione sarà chiamata a eleggere il suo nuovo Presidente. Quanti desiderino avanzare la propria candidatura dovranno dimostrare di essere in possesso di qualità e caratteristiche ben precise, a garanzia di una scelta che risulti la migliore possibile per l'associazione. Vero che ciascun candidato ha tutto il diritto di nutrirsi delle proprie ambizioni e delle proprie vanità, ma è altrettanto vero che l'Unione ha il dovere di esigere da chi intenda svolgere il ruolo di Presidente, abilità rare, provate capacità e indiscutibili requisiti di competenza e affidabilità. Il Congresso non può permettersi errori nell'eleggere il Presidente e quindi ciascuno di noi sarà chiamato a una scelta di saggezza basata sulla riflessione, nell'unico, vero interesse dei ciechi e degli ipovedenti italiani. Le simpatie personali e i calcoli opportunistici dovranno lasciare il passo alle valutazioni obiettive delle caratteristiche del candidato, nel superiore interesse dell'Unione. Qui si tratta, innanzitutto, di sapere, di capire e di mettere in chiaro cosa l'Unione debba aspettarsi da un Presidente e quanto ciascun candidato sia capace di corrispondere a tali aspettative. La nostra Unione non è una Repubblica dove si corre per la più alta carica dello Stato, né un partito politico dove si compete per la carica di segretario. L'Unione è un organismo associativo molto speciale, da trattare con la massima cura e da considerare con la particolare attenzione che richiedono quei meccanismi meravigliosi, ma un po' delicati. Proviamo, quindi, ad evitare le facili analogie e stiamo attenti soprattutto a non scimmiottare il mondo della politica il quale, tra l'altro, ultimamente, non offre di sé una immagine tanto positiva. Il primo e superiore compito del Presidente riguarda la custodia e la tutela dei valori fondativi dell'Unione, quei valori che ci hanno portato fin qui in oltre novanta anni di storia, di sacrifici, di lotte e di conquiste. L'unità associativa, prima di tutto. Quella che ci deve aiutare quotidianamente a essere compatti come acciaio e saldi come roccia dinanzi alle sfide continue che ci attendono. L'unità che non significa unanimismo, ma che sappia, al contrario, valorizzare tutte le diversità in un processo continuo di arricchimento delle idee e di sintesi delle proposte del quale il Presidente deve saper essere interprete, mediatore e garante. Il rispetto delle regole, inoltre, delle persone e delle opinioni, perché tutti ci si senta in casa propria quando si mette piede in qualsiasi delle tante sedi dell'Unione; perché tutti ci si senta tutelati nella propria individualità, ma partecipi, al contempo, della vita attiva di una grande famiglia. Lo spirito di servizio, infine, anima e motore dell'azione di tutti i dirigenti, giovani e meno giovani, i quali devono vedere nell'Unione una meravigliosa occasione di impegno sociale e non invece un'arena di carrierismo interessato solo alla conquista di posizioni di privilegio. Dal proprio Presidente l'Unione deve pretendere autorevolezza, competenza, esperienza, dedizione, accortezza, prudenza, audacia, sicurezza e soprattutto carisma. Un carisma derivante dalla capacità di motivare piuttosto che comandare; dalla pazienza di convincere invece che imporre; dall'abilità di unire e non di dividere; di amalgamare piuttosto che separare. Il Presidente, in estrema sintesi, dovrà saper essere sempre: - conservatore nei valori da custodire; - progressista negli obiettivi da perseguire; - moderno nei mezzi da impiegare. Per ogni candidato che desideri concorrere alla carica di Presidente, ponendosi davvero al servizio dell'Unione, al di sopra della mera ambizione individuale, parlino piuttosto i fatti. La storia professionale, politica, associativa e umana di ciascuno, siano testimonianza per certificare al di là di ogni ragionevole dubbio, il possesso di quelle prerogative personali utili davvero all'associazione e al suo futuro. Come dirigenti, come soci e come ciechi, nell'atto di manifestare il nostro orientamento e accordare il nostro favore, chiediamoci serenamente quale candidato possieda davvero, in maggior misura, i requisiti più adatti a ricoprire la carica di Presidente con onore, profitto, capacità, efficienza ed efficacia. Più la nostra risposta sarà libera, intelligente e meditata, più la nostra scelta risulterà appropriata e vincente».
Sabato 15 marzo 2014, dopo 28 anni, l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus ha eletto, mediante il proprio Consiglio Nazionale, il sesto Presidente del sodalizio nella persona di Mario Barbuto. Nato a Catania l'11 ottobre del 1954, Barbuto ha sempre mostrato propensione per lo studio delle materie pedagogiche tanto che, dopo la laurea in Scienze dell'Educazione sulla Riabilitazione di non vedenti e ipovedenti, conseguita all'Università degli Studi di Bologna, ha insegnato al già noto Istituto Cavazza per circa 10 anni, divenendone successivamente Direttore fino ad oggi. Ma chi è Mario Barbuto e quale è stato il suo percorso all'interno dell'associazione? Lo spiega egli stesso: «All'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti devo tanto, tantissimo... Per certi versi, tutto... L'istruzione, il lavoro, le soddisfazioni professionali, l'integrazione sociale, sono i frutti più preziosi che questa nostra Associazione mi ha donato nell'arco dei quarantacinque anni di mia appartenenza. Per quanta dedizione io possa mettere nel servirne gli scopi e gli obiettivi, non sarò mai in grado di ricompensare per intero l'Unione di tutto il bene che da essa ho ricevuto. Il bene di vivere una vita pressoché normale, di conservare tutta la mia dignità di persona e di cittadino, di godere di una autonomia personale straordinaria, nonostante il grave handicap dovuto alla minorazione visiva. Bambino del profondo Sud, ho trovato a Catania, la mia città d'origine, un istituto che mi ha accolto per otto anni e ha provveduto alla mia istruzione di base, dotandomi degli strumenti per affrontare un più impegnativo corso di studi a Bologna, città del Nord vagheggiata e temuta allo stesso tempo. Bologna, una città che mi ha catturato con il fascino delle sue architetture e il calore della sua gente, offrendomi un titolo, una casa, un lavoro, una vita sociale degna di essere vissuta. Un lavoro in posizione apicale nel più importante e famoso istituto dei ciechi d'Italia, il Francesco Cavazza, che mi ha regalato esperienze professionali e relazioni umane straordinarie. Gestire un bilancio annuale di alcuni milioni di euro; amministrare un patrimonio immobiliare di qualche centinaio di unità urbane e agricole; coordinare un gruppo di una trentina di dipendenti e collaboratori impegnati in attività tanto diverse quali la formazione professionale, il supporto all'integrazione scolastica, la produzione e distribuzione di ausili tiflotecnici; la produzione e distribuzione di prodotti librari, le iniziative culturali, sportive e del tempo libero. Una città, Bologna, dove ho avuto l'onore, la gioia e la soddisfazione di essere eletto nel Consiglio comunale, nel quale ho lavorato come vice presidente della commissione Bilancio e come componente della commissione Servizi sociali. Una città dalla quale ha preso il via il mio impegno associativo circa quarant'anni or sono, nelle varie e successive funzioni di presidente provinciale, vice presidente regionale, componente del Consiglio Nazionale e della Direzione Nazionale. Proprio in quest'ultimo ruolo, tra l'altro, ho avuto dal presidente Daniele l'incarico di creare il sistema informatico dell'Unione, del quale mi reputo molto modestamente una specie di papà e grazie al quale, già nel 1995 la nostra Associazione risultava dotata di un proprio sito internet e di una rete di posta elettronica estesa alle sedi regionali e alle sezioni provinciali. Per motivi professionali e associativi ho anche avuto l'opportunità di viaggiare molto all'estero e di entrare in contatto con numerose e variegate realtà del mondo delle organizzazioni per ciechi e per ipovedenti in Europa, in America e in Africa, dando così ulteriore corpo al mio personale bagaglio di esperienze e di conoscenze nel settore. Oggi, pertanto, come mai in passato, credo sia venuto per me il tempo di porre la mia modesta persona e la mia umile esperienza al servizio dell'Unione in modo totale e al livello più alto, restituendo così, almeno in parte, con il lavoro e con l'impegno, quanto di prezioso ho ricevuto nel corso di una intera esistenza. Come ha detto e scritto più volte Tommaso Daniele, è tramontato il tempo dell'uomo solo al comando. Mai più dunque, un presidente solitario, unico traino di un pesante rimorchio; al contrario, invece, un gruppo dirigente, compatto, operoso, determinato, alla guida dell'Unione, al servizio della causa dei ciechi e degli ipovedenti italiani. L'Unione, per fortuna, è una struttura associativa fondata su princìpi democratici, grazie ai quali, le più alte cariche si raggiungono solo con il consenso e con il sostegno delle maggioranze, auspicabilmente ampie, significative e qualificanti. La mia disponibilità è totale, il mio impegno, garantito».
A quattro settimane dall'elezione il presidente Barbuto durante il Consiglio Nazionale, chiamato ad approvare relazione morale e bilancio consuntivo del 2013, sulla questione dei falsi ciechi afferma con determinazione: «Tante persone sono state ingiustamente umiliate e sottoposte a pressioni di ogni genere, accusate di falsità e di truffa, sanzionate con la sospensione delle prestazioni assistenziali, salvo poi vedersi riconosciute in tribunale le proprie ragioni, dopo lunghe e onerose tribolazioni. A tutte quelle persone ingiustamente offese e perseguitate va il nostro abbraccio più fraterno, la nostra solidarietà più calda e convinta. Su questo tema, le nostre posizioni sono ormai note e chiarissime! Primo: lotta senza quartiere agli abusi e alle falsità, ma riconoscendo che per ogni eventuale «falso cieco» vi sarà stata almeno una commissione medica e tecnica troppo ben disposta a certificare qualcosa che non corrispondeva alla realtà. Secondo: massimo rispetto delle persone sia nella fase di accertamento, sia in quella della eventuale sospensione degli emolumenti, a tutela della dignità di ciascuno e della credibilità delle istituzioni. Terzo: interruzione degli accertamenti a valanga, spesso perfino ripetuti e addirittura verso persone dalla patologia irreversibile, perché tali accertamenti hanno soltanto prodotto una montagna di spese per l'Inps e una scia di inutile fastidio e, troppe volte, perfino di dolore per chi li ha dovuti subire. L'abuso va combattuto e scoraggiato soprattutto all'origine, nel momento in cui viene riconosciuta l'invalidità per la prima volta, quando viene concesso il relativo emolumento».
In un passaggio successivo di quella relazione morale ricorda l'episodio che ha cambiato il corso della storia dell'Uici in questo modo: «Il 16 novembre, nel pieno del proprio impegno associativo, il nostro presidente Tommaso Daniele ha dovuto sopportare l'offesa di quel malessere che nei mesi successivi lo ha sottratto definitivamente alla guida della nostra Unione. La sorte ha voluto infliggere a Tommaso un colpo tremendo e a noi tutti una punizione tanto dolorosa quanto inattesa. Le conseguenze sul piano associativo si sono avvertite immediatamente e credo che continueranno ad avvertirsi ancora per anni. Un timoniere di quella portata non si sostituisce. Non si rimpiazza. Semplicemente ti manca... E basta! E tu puoi soltanto fare di tutto per proseguire la navigazione nel modo meno accidentato possibile. E questo cercherò di fare io, nella modestia dei miei mezzi, nella umiltà del mio approccio, nella consapevolezza del compito immane. Ecco, proprio queste sono le parole che voglio incidere a fuoco nella mia mente da qui al prossimo Congresso Nazionale: modestia, umiltà, consapevolezza...».
Quel suo primo Consiglio nazionale Uici, 12-13 aprile 2014 a Tirrenia, con la votazione all'unanimità della sua proposta di conferire a Tommaso Daniele il ruolo, che tutt'ora ricopre, di Presidente nazionale onorario. Qualche mese dopo il presidente nazionale Uici si rivolge al presidente del Consiglio Renzi e ai suoi «ragazzi del governo facendo alcune osservazioni sulla bozza delle linee guida per la riforma del terzo settore»; a prima osservazione riguarda le modalità di consultazione, laddove appare sicuramente apprezzabile l'istituzione di una casella di posta elettronica per raccogliere indicazioni e proposte da parte dei cittadini e di tutti gli interessati. E tuttavia vorremmo ricordare sommessamente a Renzi e ai «suoi ragazzi» che esistono consolidate associazioni di rappresentanza, degne e meritevoli di essere formalmente convocate e consultate dal Governo intorno a un tavolo di concertazione e di confronto. «Mai più, su di noi, senza di noi!» è la prima delle linee di condotta di tutte le nostre associazioni di categoria, proclamata in Italia e nella carta Onu dei diritti delle persone con disabilità, della quale vorremmo che il Governo si impadronisse, dando per primo il buon esempio nel metterla in pratica, mediante concrete forme di rispetto e di partecipazione, per riconoscere a tutti un diritto di cittadinanza che non può essere oscurato a causa della propria condizione personale di disagio fisico, psichico o sensoriale. Dopo novantaquattro anni di specchiata attività a tutela dei ciechi e degli ipovedenti, l'Unione rivendica a buona ragione il diritto di essere consultata e ascoltata dal Governo, per offrire il proprio contributo di idee e di esperienza in vista di una riforma tanto importante nella nostra vita quotidiana, in un Paese che pretende di camminare verso il futuro. La seconda osservazione riguarda il pericolo che personalmente continuo ad avvertire tra le righe delle linee guida appena pubblicate dal Governo. Esse infatti lasciano intendere, in più di un passaggio, una sorta di volontà di delegare al privato e al volontariato l'attuazione di servizi che risultano di primaria importanza per le persone con disabilità e che lo Stato e la pubblica amministrazione, al contrario, non possono e non devono demandare ad altri, né oggi, né mai. Il principio di sussidiarietà, infatti, invocato in modo generico nel documento del Governo, va declinato nella forma più corretta che vede la pubblica amministrazione garantire davvero i servizi irrinunciabili di primaria importanza quali l'istruzione, il lavoro, la mobilità, la cultura, il sostegno alla terza età, l'assistenza ospedaliera e domiciliare, ecc., supportando al contempo l'azione del volontariato e del privato sociale con mezzi, risorse e agevolazioni, capaci di favorire quelle azioni di «complemento» che possano contribuire ad alleviare e rendere vivibile e dignitosa una vita comunque segnata da limitazioni spesso molto, molto gravi».
Nel mese di dicembre dello stesso anno arriva una riflessione, che potrebbe essere anche considerata in parte il manifesto programmatico, con cui il presidente Barbuto prepara la sua candidatura alla Presidenza nazionale nel Congresso del 2015. Il tema toccato in questo scritto parla del rilancio e dell'ammodernamento dell'associazione nell'affrontare le sfide del terzo millennio. «Occorre dunque ripensare e rilanciare su basi nuove e moderne il concetto, il valore e la pratica dell'associazionismo, al fine di sfuggire a questo rischio di estinzione. Esso oggi non può più essere inteso soltanto come esclusivo momento di organizzazione comune per l'autotutela e per la difesa dei diritti di categoria, ma dovrà riguardare probabilmente anche la sfera della formazione, dell'aggregazione e dell'erogazione di servizi. La platea degli associati e dei potenziali soci, dovremo saperci chiedere: cosa si attende da una associazione storica come la nostra? Quali aspettative ripone nel momento dell'adesione e quali attrattive riceve una persona nel pensare di iscriversi e di partecipare alle attività della nostra Unione? E ancora: quali azioni di sostegno sappiamo mettere in campo per assicurare alle nostre strutture nazionali e soprattutto territoriali, risorse adeguate ai nuovi compiti associativi che dovranno essere ridefiniti per i prossimi decenni? Nelle nostre sedi, in base alla mia esperienza, si vive un bisogno forte di comunità, di famiglia e di apertura alla partecipazione che dobbiamo saper incoraggiare e favorire senza rinchiuderci in minuscole aggregazioni di potere che gestiscono tutto e controllano tutto. Nelle nostre sedi territoriali si vive altresì una forte aspettativa di supporto tecnico e professionale almeno su quattro principali questioni, confidando dunque sull'azione di impulso che questa Presidenza nazionale ha il dovere di sviluppare: gestione organizzativa, amministrativa e contabile, considerato che oggi sono richieste sempre maggiori competenze e cognizioni tanto ai dirigenti quanto ai collaboratori; capacità di partecipazione a progetti per l'acquisizione di fondi europei, nazionali e regionali, incluse tutte le attività che conseguentemente ne derivano; ricerca di risorse finanziarie stabili, tramite azioni pianificate, efficaci ed efficienti di fundraising; ideazione ed erogazione di servizi specificamente dedicati e rivolti agli associati, tali da rappresentare un'attrattiva, soddisfare un bisogno e sviluppare l'orgoglio dell'appartenenza. Un compito imprescindibile! Una sfida esaltante che ci attende tutti, dirigenti e soci della nostra Unione nei prossimi dieci, quindici anni con l'intento preciso di modificare profondamente il volto, lo stile e il modo stesso di lavorare e di organizzarci. Occorrerà sviluppare una capacità nuova di lettura e aggregazione delle aspettative e di impiego delle risorse disponibili, senza prevaricazioni e senza pregiudizi, aprendosi subito all'innovazione e al rinnovamento per dare un futuro alle nostre strutture, in modo che possano continuare a esercitare tutte le proprie funzioni, così come i nostri padri fondatori avevano immaginato e voluto. Se riusciremo a varcare questa nuova frontiera della nostra Storia associativa, potremo davvero inaugurare e dare concretezza al modo di lavorare del Ventunesimo secolo. In caso contrario, un grosso e inquietante punto interrogativo si profilerebbe sul cammino, pur glorioso, della nostra associazione. Un punto interrogativo che vogliamo, con tutte le nostre forze, cancellare per sempre dal nostro orizzonte temporale per dare alla nostra Unione quel futuro che merita, per il quale ci è stata affidata».
Siamo al 2015, l'anno in cui fra le tante sfide da cogliere prende sempre più forma una nuova strutturazione associativa che dovrà a fine anno avere l'approvazione del Congresso nazionale che si terrà a Chianciano. Il presidente Barbuto alle soglie dell'assise congressuale irrompe con un altro aspetto molto rilevante, le persone disabili con minorazioni aggiuntive su cui afferma: «Persone che recano su di sé, insieme alla disabilità visiva, fattore già costitutivo di gravissima minorazione, ulteriori e più gravi limitazioni fisiche, sensoriali e psichiche, tali da richiedere la cura continua, la presenza puntuale, l'azione costante delle istituzioni preposte e della nostra Associazione di tutela. Un universo di persone che hanno sempre incontrato una attenzione minore di quanto fosse loro dovuto. Una realtà umana e sociale che dobbiamo abituarci a tenere sempre in cima alle nostre priorità e verso la quale mai potremo dire di aver fatto abbastanza».
I lavori di Chianciano portano quelle tanto annunciate novità insieme alla dichiarazione di mobilitazione della categoria per il diritto allo studio per i ragazzi ciechi, ipovedenti e con minorazioni plurime. Un riconfermatissimo Presidente Barbuto commenta così l'esito di quei giorni: «Quest'anno siamo arrivati al Congresso dopo una lunga e intensa preparazione che comincia con le assemblee sezionali dove vengono eletti i delegati; prosegue con le assemblee territoriali precongressuali, nelle quali si propongono i temi di maggior interesse per l'Associazione; si conclude con le interviste radiofoniche a tutti i candidati alle cariche associative di Presidente e di Consigliere nazionale. Stavolta, tuttavia, si è trattato di un Congresso un po' speciale, di quelli da ricordare, perché ha dato alla nostra Unione uno Statuto del tutto nuovo, dirigenti associativi quasi totalmente rinnovati, indirizzi programmatici chiari, sintetici, efficaci. La presenza e la partecipazione di ogni singolo delegato nelle sessioni plenarie, nelle sezioni di lavoro, nel momento elettorale, ha rappresentato la vera ricchezza del Congresso, la grande risorsa con la quale procedere verso il nostro futuro con rinnovata fiducia. In questo Congresso abbiamo vissuto tante prime volte: la presidente d'aula, una donna, per la prima volta. Una signora, Daniela Floriduz, che ha saputo condurre i lavori con pacatezza, equilibrio ed energia. La serata del Premio Braille, dove la festa e la gioia si sono mescolate alla serietà di temi come l'autonomia personale, il lavoro, l'accessibilità. La splendida mostra delle nostre eccellenze associative «Facciamoci vedere!» che ha raccolto e proposto le più belle iniziative provenienti da ogni parte del nostro territorio. La sperimentazione del sistema di voto elettronico che ha conferito efficienza ai nostri lavori e ci ha regalato tanto tempo prezioso, sia pure con qualche elemento tecnico da migliorare in una prossima edizione. L'espletamento delle operazioni di voto per le elezioni degli organi nazionali in un tempo brevissimo, un paio d'ore circa, senza le file e le snervanti attese alle quali ci eravamo condannati nei Congressi del passato. Grazie all'impegno e alla serietà dei circa trecento delegati, il Congresso ha potuto svolgere un'attività di grande rilievo che costituirà la base del lavoro associativo del prossimo quinquennio. Abbiamo dato alla nostra Unione un nuovo Statuto! Moderno, snello, sintetizzato in soli 29 articoli, rispetto agli originali 65, formulati finalmente in modo chiaro e comprensibile. Abbiamo approvato risoluzioni congressuali caratterizzate dalla sintesi dei testi e dal contenuto essenziale che saranno la nostra guida per i prossimi anni. Abbiamo sancito definitivamente la nascita del nostro Ufficio per la Tutela dei Diritti delle Persone con Disabilità, dando esplicito mandato al Presidente, alla Direzione e al Consiglio Nazionale perché esso divenga presto una realtà operante e radicata su tutto il territorio. La nostra causa comune si esprime sotto un'unica bandiera! Raccogliamoci dunque, tutti insieme, per collaborare nella difesa di comuni interessi e di comuni Diritti. Quanto al Congresso, l'appuntamento per tutti è a Genova, fra cinque anni, nel 2020, dove potremo celebrare i cento anni di vita e di lavoro della nostra grande Unione».
Siamo nei primi mesi del 2016 quando arriva la notizia che è stata accolta, dopo tantissimi anni, la richiesta di una lotteria nazionale i cui proventi saranno destinati all'Uici. Il 25 giugno di quell'anno tantissimi gazebo nelle piazze d'Italia videro impegnati dirigenti e volontari per portare tra i cittadini la parola e la presenza dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e distribuire i biglietti della lotteria. Il 2017 si apre con l'entrata in vigore della legge 113-85 nella sua parte normativa e si pongono le basi per realizzare anche quella sugli obblighi occupazionali. Il primo maggio, invece, un grande avvenimento per tutta l'Uici, il presidente Mario Barbuto interviene a Portella della Ginestra al comizio promosso da Cgl, Cisl e Uil in occasione della festa dei lavoratori. Ecco alcuni momenti del suo discorso: «L'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti ha l'onore, la gioia e l'orgoglio di portare nel cuore delle celebrazioni nazionali del Primo Maggio le speranze, le aspettative e la voce dell'intero mondo delle persone con disabilità, in un anno nel quale si commemora anche il 70o anniversario dell'orrenda strage consumata dalla mafia e dagli agrari su questa terra e tra queste pietre. Una voce, quella delle persone con disabilità, la quale chiede Lavoro, Diritti, Dignità. Quel Lavoro che dovrebbe rappresentare una grande occasione di riscatto personale da offrire in modo particolare proprio a quei milioni di persone che partono da posizioni svantaggiate a causa della condizione di disabilità, la quale tuttavia quasi mai costituisce un vero ostacolo allo svolgimento di una mansione professionale adeguata. Quei Diritti troppo spesso negati e inascoltati, nonostante le leggi e a dispetto delle leggi, a conferma della riprovevole abitudine tutta italiana di lasciare spesso inattuato nella pratica quanto sancito in teoria dalle norme. Quella Dignità che è alla base di qualsiasi vivere civile e che dovrebbe dare a tutti l'opportunità di sentirsi uguali tra gli uguali e di vivere cittadini tra i cittadini, indipendentemente dalle proprie condizioni fisiche, sociali e personali. È tempo di comprendere, finalmente, che le condizioni di disabilità, il più delle volte, rappresentano una risorsa, non un handicap; purché vengano offerte quelle reti di protezione e di supporto che fanno del nostro contesto sociale un luogo degno di essere vissuto. È tempo di agire a fondo a livello delle autorità di Governo, del Parlamento e delle istituzioni tutte, per restituire Diritti, Lavoro e Dignità alle persone con disabilità, così come previsto dalla Costituzione Italiana in materia di uguaglianza e di pari opportunità. È ormai tempo che le grandi organizzazioni del mondo del lavoro e le federazioni rappresentative della disabilità diano finalmente corso alla costruzione di quel vasto fronte unitario della solidarietà sociale, per offrire a tutti una opportunità vera, per promuovere nuovi e più avanzati traguardi di civiltà e di benessere».
Il 31 maggio, invece, al termine di una gestazione lunga e meditata, nasce e assume forma e sostanza il neonato Istituto Nazionale di valutazione ausili e tecnologie, Invat: questo è il suo acronimo. L'Istituto ha quale scopo precipuo quello di valutare e promuovere sul territorio gli ausili e le strumentazioni volti a favorire l'autonomia personale e la mobilità autonoma dei ciechi e degli ipovedenti. Il Consiglio Direttivo è composto dal dott. Mario Barbuto, Presidente e Rappresentante Legale, affiancato da due consiglieri, Sabato De Rosa e Marino Attini. Nello stesso anno l'Uici, su iniziativa dell'attuale Presidente, ha istituito il Network per l'inclusione scolastica (Nis). Si tratta di una vera e propria «rete» tra tutti i centri di consulenza tiflodidattica italiani, gli Istituti di Formazione e le Università per rilanciare l'inclusione scolastica e scongiurare anacronistici ritorni ad ipotetiche scuole speciali per bambini ciechi, ricordando costantemente il valore culturale e sociale della legge 517 del 1977, con la quale si decretò definitivamente l'abolizione di queste ultime. L'anno successivo, grazie anche al lavoro del Nis, il 23 agosto del 2018 è stato sottoscritto fra Uici e Miur il protocollo di intesa per «Favorire e garantire l'inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità visiva». A novembre 2017 l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (Uici) è entrata a far parte della Fondazione Lia come membro istituzionale e Mario Barbuto ne diventa presidente. Nel 2018 l'iniziativa dell'Unione si accompagna ai 70 anni della Costituzione perché richiamandone gli articoli direttamente collegati si rilanciano i temi cari alla categoria dall'istruzione, alla formazione, al lavoro al diritto di cittadinanza. Nel 2018, purtroppo, scompare Francesco Fratta, componente della Direzione Nazionale, a cui viene intitolata la sede nazionale del Libro Parlato. E nello stesso anno l'Uici piange un personaggio che ha dedicato la sua vita all'istruzione e l'integrazione dei non vedenti, il prof. Enzo Tioli già vice presidente nazionale dell'associazione. Ma questo è anche un anno straordinario per l'avvio di un progetto nazionale dedicato, proprio, ai ragazzi «Net in Campus». Grazie all'intuizione e al lavoro di una giovane dirigente nazionale, Linda Legname da qualche mese responsabile di un nuovo dipartimento quello del Fundraising, che con una progettazione innovativa è riuscita a far ottenere all'Uici il finanziamento messo a disposizione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Questo è anche l'anno del governo M5s e Lega che annovera come sottosegretario alla Disabilità e alla Famiglia Vincenzo Zoccano, componente della Direzione Nazionale Uici, presidente del Fid (Forum Italiano sulla Disabilità) a cui il 12 luglio subentrerà Mario Barbuto. A fine giugno, precisamente il 27, l'Uici promuove la prima giornata nazionale delle persone sordocieche, non una semplice passerella ma ancora una volta l'aspirazione a costruire progettualità concrete anche per queste persone.



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