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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 5 del 2021

Titolo: L'affare Modigliani

Autore: Dania Mondini e Claudio Loiodice


Articolo:
«Se parli di opere d'arte false non permetterti di dire che sono delle schifezze»
Abbiamo incontrato gli autori del libro «L'affare Modigliani», per sapere cosa era cambiato da quando il loro libro era entrato nel catalogo del Libro Parlato.
D: È passato un anno da quando avete registrato l'audio del vostro libro, «L'affare Modigliani», per donarlo all'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. Durante questi lunghi mesi, nonostante la pandemia dovuta al Coronavirus Sars-19 il vostro libro non si è fermato e ha raggiunto tanti appassionati di libri, scritti e parlati. Vogliamo fare insieme un bilancio?
R: Un successo che ci ha colti di sorpresa, come le numerosissime dimostrazioni di affetto e interesse provenienti anche dai nostri amici ciechi e ipovedenti. Nonostante tutto non ci siamo fermati e abbiamo solcato le vie di tante città italiane e occupato spazi virtuali, raggiungendo i nostri lettori tramite videoconferenze. Nel tempo che ci rimaneva ci siamo dedicati all'edizione internazionale e abbiamo lanciato la versione inglese che ha come titolo «The Modigliani Racket - Death, Art & Crime», oltre ad una edizione limitata, stampata di sole 100 copie, sempre in lingua inglese. Il libro, come sapevamo, è stato dirompente».
D: Dunque tanti successi ma anche qualche amarezza?
R: Sì, certamente! Le nostre denunce riguardo ai falsi, al riciclaggio internazionale attraverso le opere d'arte, a Fondazioni nate dal nulla per speculare intorno al nome di Modigliani e che si sono moltiplicate, hanno interessato e coinvolto, a dire la verità, più i lettori che le istituzioni. Molte le bellissime recensioni, come le vostre, gli attestati di stima, ma ci aspettavamo che qualcuno aprisse indagini sia in merito agli archivi trafugati all'estero, sottraendoli al patrimonio culturale nazionale, che all'evasione fiscale e al riciclaggio di denaro.
D: Avete aperto un nuovo fronte nella lotta ai crimini commessi attraverso l'arte. Avete ricevuto delle intimidazioni per il lavoro che avete fatto e in merito al quale non avete lesinato di fare nomi e cognomi...
R: Se per intimidazioni si considerano le querele, anche se legittimamente presentate, allora sì. Riteniamo che siano in atto tentativi di intimidazione. Qualcuno sta cercando di «imbavagliarci» attraverso querele che riteniamo pretestuose, temerarie e tendenziose. Ed è così che ci troviamo rinviati a giudizio per aver osato dire la verità. Per fortuna la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, associazioni culturali, politici e gente comune, ci fanno sentire la loro solidarietà e vicinanza nell'affrontare questa sfida. Non ci tiriamo indietro e stiamo rispondendo colpo su colpo alle poche accuse che ci vengono mosse, con documenti che attestano la nostra innocenza. Purtroppo però i tentativi di mettere il bavaglio a chi racconta fatti scottanti e denuncia irregolarità è molto frequente e dividiamo il destino con altri colleghi, che come noi vengono accusati di diffamazione solo per aver raccontato e denunciato fatti scottanti. Proprio Trento infatti, la città dove vengono depositate le querele contro di noi, perché lì è stato stampato il libro da Chiarelettere, è stata nominata «Capitale della giornata della libertà di stampa» (World Press Freedom Day), fissata dalle Nazioni Unite per il 3 maggio di quest'anno. Decine i colleghi provenienti da tutto il mondo e anche noi saremo tra i protagonisti, per denunciare i tentativi di «imbavagliarci».
D: Ma cosa è accaduto in dettaglio?
R: Ecco cosa è accaduto a noi mentre tutta la giustizia italiana si fermava a causa della grave crisi sanitaria. Un gallerista, noto alle cronache già dal 2011, finito su tutti i giornali per aver truffato alcuni suoi amici per essersi appropriato indebitamente di quadri, per aver certificato come autentica un'opera falsa di Amedeo Modigliani e da noi smascherato con documenti inconfutabili, ci ha querelato perché si è sentito offeso dal fatto che lo abbiamo citato nel nostro libro, riportando atti giudiziari e articoli di giornali del tempo, mai smentiti. Ci viene rimproverato di essere andati oltre i nostri doveri costituzionali di cronaca (ma un libro non è solo cronaca e si deve poter esercitare anche il diritto di critica, per quel principio che vede chi si occupa di informazione come mediatore intellettuale tra la notizia e il pubblico) perché proprio a seguito dell'attribuzione di un disegno falso a Modigliani da parte dello stesso, abbiamo definito tutto questo «una schifezza». Premettiamo che a valutare il disegno acquerellato come «un falso», non siamo stati noi, ma i tre maggiori conoscitori di Modigliani al mondo: Carlo Pepi, Cristian Parisot e Marc Restellini. Ma non è questa l'anomalia vera. È l'iter giudiziario che riteniamo sospetto. Il Pubblico Ministero in due giorni ha chiuso le indagini a nostro carico senza aver condotto alcun accertamento. Non ha ritenuto di farlo nemmeno dopo che nelle memorie difensive da noi presentate, erano riportati fatti, circostanze e personaggi che avrebbero potuto dare una diversa chiave di lettura alle informazioni contenute nella querela. La notizia di reato viene iscritta nel registro preliminare prima che la querela giunga materialmente e ufficialmente in Procura. È stata la polizia giudiziaria, perché prassi di quell'Ufficio, ad evadere immediatamente la pratica o, come è facile supporre, sia stata rappresentata una speciale urgenza da parte di qualcuno? Il Pubblico Ministero cui viene dato l'incarico è quello della Dda (direzione distrettuale antimafia) che secondo le linee guida del Csm, dovrebbe occuparsi prevalentemente, tranne casi eccezionali, di fatti riguardanti la mafia o il terrorismo. Il 19 febbraio veniamo quindi iscritti nel registro degli indagati e il giorno dopo si concludono le indagini preliminari, che in Italia durano solitamente minimo sei mesi. Il 6 marzo presentiamo le memorie difensive e dall'8 marzo il Paese si blocca per la pandemia. Nonostante l'emergenza sanitaria, in meno di nove mesi, compresi i tre di blocco delle attività giudiziarie e il mese di agosto, dove la giustizia frena i suoi «entusiasmi» per ferie, ci hanno rinviato a giudizio. Il 17 dicembre compariamo dinanzi al Giudice per l'Udienza Preliminare. Facciamo notare intanto che la querela era tardiva, il termine previsto per la presentazione era superato, oltre che i fatti che avevamo raccontato erano stati già pubblicati da altri organi di stampa e non erano nuovi, e non per ultimo che l'assoluzione per prescrizione era sopraggiunta dopo la pubblicazione del libro e che comunque lo stesso querelante aveva ammesso di aver certificato quell'opera falsa. Nonostante questo il giudice ha fissato la prima udienza per il prossimo 13 di maggio davanti ad un Tribunale collegiale.
D: Qual è il vostro stato d'animo?
R: Noi abbiamo profondamente fiducia nella legalità e nella Giustizia, tanto che abbiamo segnalato il caso al Consiglio Superiore della Magistratura. Riteniamo poi di aver semplicemente esercitato il nostro diritto-dovere, costituzionalmente garantito alla cronaca ed alla critica. Un quadro falso non è solo una «schifezza» perché non vale nulla, ma è uno strumento criminale spesso in mano alle organizzazioni. Le mafie utilizzano quadri veri o falsi per riciclare e i falsi anche per truffare. Quindi continueremo nella nostra «avventura».



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