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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 9 del 2021

Titolo: La Storia della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi - Prima parte

Autore: Rodolfo Masto


Articolo:
Premessa
Questa proposta editoriale si prefigge di far meglio conoscere ai lettori i passaggi più salienti della storia della Federazione che giovedì 24 febbraio 2021 celebra i suoi primi 100 anni. Si precisa che, in considerazione della lunga vita dell'Ente e della ricchezza del materiale archivistico ritrovato, la pubblicazione interesserà più numeri di questo periodico. La narrazione degli avvenimenti si intreccerà con il racconto di alcune curiosità e con la pubblicazione di fotografie d'epoca, nonché di significativi documenti storici. Non mancheranno considerazioni valoriali sul piano etico intorno all'opinabile scomparsa o allo stato di abbandono di Istituzioni e dei loro patrimoni che la filantropia ha generosamente destinato ai Ciechi.
Le origini
Il quadro europeo
Fra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, in realtà sociali diffuse in cui i Ciechi erano perlopiù dediti, quando non proprio obbligati, alla mendicità o ricoverati in ospizi tra poveri e derelitti d'ogni sorta nascono, nelle più importanti città europee, Istituti pensati per loro. Il primo fu quello di Parigi nel 1785, fondato da Valentin Haüy con propri fondi, ribaltando la radicata convinzione che i Ciechi fossero ineducabili e non addestrabili. Fortunatamente i grandi cambiamenti spirituali ed intellettuali scaturiti a seguito della Rivoluzione Francese e al diffondersi del pensiero illuminista avevano fatto crescere costantemente tra gli educatori illuminati la consapevolezza della possibile alfabetizzazione e conseguente educazione dei Ciechi. Presto i vari rappresentanti degli Istituti europei, ovunque fossero, sentirono l'esigenza di conoscersi e confrontarsi su diversi aspetti dell'operare a favore dei Ciechi: sulla progettazione e l'uso di ausili tattili volti a promuovere la manualità, sulle esperienze di studio e laboratoriali in cui si svilupparono le prime conoscenze intorno alle potenzialità pratico-operative dei Ciechi per arrivare alle riflessioni sulla percezione aptica. Siamo intorno al 1860, e già abbiamo testimonianze di lettere e incontri tra l'Istituto di Parigi e quello di Milano, il primo Istituto italiano ad avere «sotto le dita» il Braille e ad utilizzarlo al proprio interno. Le occasioni di scambio si intensificarono e i diversi coinvolgimenti di varie realtà sfociarono ben presto in veri e propri convegni di studio. La graduale, e non sempre facile, diffusione del sistema Braille provocò negli Istituti una vera e propria rivoluzione copernicana: si cominciò ad impiegare il nuovo codice per lo studio delle materie umanistiche e della musica. Occasioni speciali di confronto furono le prime Esposizioni Internazionali dove i vari Istituti esponevano con orgoglio il frutto di lavori, per lo più manufatti in stoffa, legno e metalli, insieme a prodotti artigianali. Solo più tardi questi palcoscenici ospitarono esibizioni letterarie e musicali, mettendo a confronto i vari metodi educativi e le conseguenti capacità d'apprendimento degli allievi non vedenti.
Il contesto italiano
Il primo Istituto in Italia pensato per l'istruzione dei Ciechi fu quello dei Santi Giuseppe e Lucia, fondato a Napoli nel 1818; seguì l'Istituto Configliachi a Padova nel 1838; nel 1840 fu fondato quello di Milano. Successivamente le principali città d'Italia, Torino, Genova, Bologna, Trieste, Roma, Palermo, Catania e Cagliari, per citarne alcune, ebbero ciascuna il proprio Istituto di Ciechi, prima ancora della unificazione della penisola completata nel 1871. Un Paese ancora diviso e la conseguente assenza di un piano educativo omogeneo non impedirono la ricerca di indirizzi pedagogici comuni, che si fece ancora più pressante in occasione dell'Unità d'Italia. Dopo l'unificazione seguirono convegni e congressi in ogni parte del Paese, fino ad arrivare all'importante incontro di Bologna che nel 1888 pose le basi del IV Congresso Tiflologico Nazionale celebrato sempre a Bologna nel 1910. In quella circostanza i più autorevoli studiosi dei problemi legati all'educazione dei non vedenti, unitamente ai ciechi più illustri impegnati nel campo dell'educazione, a partire da Augusto Romagnoli, si ritrovarono per affrontare i diversi problemi connessi all'istruzione dei Ciechi unitamente alle diverse soluzioni tecnico-pratiche da adottare per i diversi materiali didattici speciali (libri, strumenti e rappresentazioni in rilievo). Oltre alla difficoltà di produzione, cuore del dibattito è la consapevolezza che occorre realizzare un processo educativo ritagliato sulle specifiche esigenze della minorazione visiva. Nasce così l'idea di una confederazione fra le Istituzioni per Ciechi per sostenere le singole realtà locali e creare importanti sinergie. Il 24 febbraio 1921 l'idea si concretizza a Firenze nella costituzione della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi. Non dimentichiamo che l'Unione Italiana Ciechi era nata l'anno prima e che con la Federazione si mise subito in moto per la promulgazione delle prime leggi nazionali a favore dell'istruzione dei Ciechi.
L'Atto Costitutivo
L'archivio storico della Federazione conserva l'Atto Costitutivo dell'Ente, un verbale notarile ormai ingiallito, scritto a macchina, con qualche postilla posta a penna. Colpisce il numero delle Istituzioni intervenute in presenza, sedici (un numero notevole se si considera che nel 1921 la rete ferroviaria era ancora incompleta) e di quelle che mandarono l'adesione, sette. Un ulteriore motivo di orgoglio è la presenza di Aurelio Nicolodi all'assemblea fondativa, il quale venne eletto per acclamazione fra i membri del primo Consiglio Federale. La diffusione capillare su tutto il territorio nazionale era davvero stupefacente. Qui la prima considerazione etica: che fine hanno fatto alcuni storici Istituti creati per i Ciechi ed ora scomparsi o in stato di pesante abbandono? Come è stato possibile distrarre queste importanti risorse dalle finalità originarie? Certo in alcuni casi erano solo convitti residenziali, spesso miseri ospizi, superati dal tempo e dalla storia, ma in altri si fa davvero fatica a capire il perché siano stati chiusi così come nel caso del celeberrimo Istituto di Torino, citato anche da Edmondo De Amicis nel libro Cuore, o distratti dalle finalità originarie o comunque fuori da un contesto operativo territoriale o nazionale. Queste realtà per i loro territori non potrebbero diventare parte delle risorse per rispondere alle legittime istanze dei nostri fratelli ciechi con disabilità associate e delle loro famiglie? Questo argomento sarà ripreso e approfondito in un prossimo articolo, quando studieremo la cronologia normativa che, con modalità diverse, ha permesso a buona parte delle Istituzioni federate, al di là della natura giuridica, di continuare ad essere un approdo sicuro per i Ciechi nel loro territorio e non solo.
Ai lettori certo non è sfuggito, come accennato nelle righe precedenti, il fatto che la Federazione sia nata solo 4 mesi dopo la costituzione dell'Unione, la quale ebbe una parte fondamentale nel raccordare tutte le Istituzioni che allora si federarono superando pregiudizi e sterili campanilismi. Cominciò allora una collaborazione preziosa che permise di presentare al Governo un programma organico che portò alla promulgazione dei regi decreti 30 e 31 dicembre 1923, n. 8428 e n. 3126 per l'istruzione obbligatoria dei Ciechi, e il Regio. Decr. 15 novembre 1925, n. 2483 che dispose l'istituzione in Roma della Regia Scuola di metodo degli educatori dei Ciechi.
Da qui partiremo nel prossimo articolo.



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