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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 9 del 2021

Titolo: La musica non ci lascia mai soli

Autore: Antonio Quatraro


Articolo:
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Qualche lettore mi ha chiamato per apprezzare il mio articolo sulla borsa di studio Aurelio Nicolodi, chiedendomi di approfondire l'argomento. E siccome io, come altri, abbiamo avuto la fortuna di studiare musica da ragazzi, vorrei condividere questo dono, perché condividere non significa avere meno, ma, all'opposto, vuol dire avere tutti di più.
Dove ci portano le parole? Musica deriva dalla parola greca mouse, le muse, che erano divinità a tutti gli effetti: pensate: figlie di Zeus e di mnemosune, che significa la memoria. Ricordare (in latino recordare) riguarda appunto la memoria, ma richiama anche l'idea di cuore (latino cor cordis). Cordiale significa proprio di cuore. Gli Inglesi per dire imparare a memoria dicono imparare con il cuore. Così si chiude questo piccolo cerchio. Però la cultura greca e poi quella romana classificava la musica fra gli insegnamenti scientifici, insieme all'aritmetica, alla geometria e all'astronomia. Se ci pensiamo bene infatti, la musica è anche ordine, numero, ritmo. La marcia è in due tempi, il valzer in 3 tempi. Ritmo deriva da àritmos, che in greco significa numero. E noi siamo immersi nei ritmi: giorno e notte, le stagioni, e poi il respiro, il battito del cuore. E per concludere questo piccolo viaggio guidati dalle parole, dire intelligente è dire poco. Howard Gardner, un celebre psicologo americano, ha dimostrato che esistono ben 9 intelligenze; quella musicale normalmente è localizzata nell'emisfero destro del cervello, ma le persone con cultura musicale elaborano la melodia in quello sinistro. È la capacità di riconoscere l'altezza dei suoni, le costruzioni armoniche e contrappuntistiche. Tutti noi conosciamo almeno un ragazzo cosiddetto pluriminorato, che pare un altro quando suona o canta.
Nessuno mette in dubbio il valore formativo della musica e degli studi musicali, ma nel nostro caso, questo è ancor più vero. Qualche esempio ci aiuta non solo a capire, ma a renderci conto che chiunque di noi può fare qualcosa perché cambi l'atteggiamento rispetto allo studio della musica, ritenuto superfluo, o riservato a superdotati, e comunque totalmente estraneo allo studio delle materie scolastiche. Vediamo invece quanti fili legano il fare musica con lo sviluppo armonico della persona nelle sue varie sfere, da quella pratica (ivi compreso l'uso delle mani («gli occhi dei ciechi»), alla psicomotoria, alla sfera razionale, alla sfera immaginativa e a quella delle relazioni.
- Suonare uno strumento con buona padronanza presuppone il possesso di un certo livello di abilità manuali, trasferibili anche ad altri settori (nello studio e nelle attività di vita quotidiana).
Abilità cognitive - Eseguire un brano musicale per intero e «ritrovarsi» in qualunque punto del brano, significa avere un progetto in mente, costituito da un elevato numero di gesti e movimenti molto precisi, posizioni degli organi fonatori nel caso del canto; significa anche essere in grado di controllare continuamente il proprio lavoro confrontandoli con i risultati attesi;
molte operazioni di tipo pre-logico o aritmetiche possono trovare un corrispettivo musicale: una canzone con tante strofe può corrispondere a moltiplicare una quantità per un certo numero di volte; sospendere o interrompere l'esecuzione significa sottrarre una determinata quantità dall'intero; distribuire le parti di un brano fra diversi gruppi di esecutori equivale ad effettuare una divisione.
Concetti spaziali e temporali hanno anch'essi un corrispettivo nel campo dei suoni: suonare o cantare insieme presuppone il concetto di simultaneità, mentre eseguire a turno implica il concetto di prima e dopo (successione temporale). Ascoltare un'orchestra e individuare la posizione dei fiati, degli archi, del solista, significa rappresentarsi lo spazio basandosi sulla provenienza delle diverse famiglie strumentali. Ordinare le note dall'acuto verso il grave, scoprire lo strumento estraneo fra molti strumenti che suonano, scoprire l'uguale ed il diverso, sono tutte operazioni legate allo studio degli insiemi, che fa parte del programma della scuola primaria.
Funzione euristica - Molti aspetti della realtà sono esclusivamente visivi; essi però possono trovare un corrispettivo o nel puro e semplice ascolto musicale, oppure in brani celebri. Il contrasto cromatico e le sfumature, la stessa prospettiva, può trovare un aggancio con la musica (un suono che si allontana, che sfuma, diventa meno chiaro, meno distinto, più debole). La musica descrittiva, cioè quella ispirata a paesaggi, fenomeni naturali, può aiutare molto chi non vede ad arricchire la sua fantasia; pensiamo ad esempio al chiaro di luna, o alle 4 stagioni o alla rievocazione della tempesta nella sinfonia pastorale di Beethoven, eccetera. La familiarità con la musica e un minimo di cultura musicale potrà rendere più interessante e meno arido lo studio di alcune materie scolastiche, come ad esempio la storia dell'arte (che è sostanzialmente storia delle arti visive). Le composizioni del Corelli si possono concepire soltanto pensando alla particolare conformazione della cattedrale di S. Marco a Venezia, e le musiche organistiche bachiane richiamano alla mente la struttura gotica delle cattedrali dell'epoca; l'impressionismo di De Bussy può chiarire alcuni aspetti dell'analogo movimento pittorico.
Formazione del carattere - Gli studi musicali richiedono per tutti, ma ancor più per i ciechi, pazienza, costanza e perseveranza, tolleranza alla frustrazione, concentrazione, particolari tecniche di memorizzazione, capacità di ascoltare gli altri e se stessi, spirito critico, tutte doti non disprezzabili neppure in questa epoca caratterizzata dalla velocità e dalla seduzione della tecnologia.
Queste brevi considerazioni dovrebbero giustificare gli sforzi in termini umani ed economici, ben superiori al numero degli attuali interessati alla musica, e testimoniano la consapevolezza delle organizzazioni italiane dei ciechi dell'alto valore che assume la musica per i non vedenti e gli ipovedenti di ogni età.
Stato dell'arte
Fino a 40 anni fa erano centinaia i non vedenti che studiavano musica, nei vari istituti per ciechi. In Italia vi erano circa 700 insegnanti di musica nelle scuole comuni. Nel tempo, con l'introduzione del modello di educazione inclusiva, non siamo riusciti a recuperare le competenze dei vecchi istituti in materia di studi musicali. Inoltre, paradossalmente, l'Italia, che ha dato nei secoli musicisti di prim'ordine, non dà forse il dovuto peso all'insegnamento della musica nella scuola primaria e secondaria. Infine, a differenza del passato, il nostro sistema formativo è basato più sulla quantità delle informazioni che sull'assimilazione dei concetti; quanto alle abilità manuali, necessarie per tutti, ma ancor più per i non vedenti, esse non vengono tenute nella giusta considerazione.
Nuotare contro corrente
Le difficoltà sono diverse e tutte importanti:
- a differenza di altri Paesi del Nord Europa, la scuola italiana non prevede la alfabetizzazione musicale in parallelo con quella letteraria. In altri termini, mentre i bambini tedeschi ad esempio imparano i primi rudimenti della notazione musicale fin dalle elementari, in Italia si comincia alla scuola media e tutti sappiamo come, e, nelle scuole superiori, si studia la storia delle arti visive. Solo recentemente, con l'istituzione dei licei musicali, assistiamo ad una inversione di tendenza rispetto agli studi musicali.
- la notazione musicale Braille è molto diversa da quella comune: mentre infatti il vedente a colpo d'occhio coglie gli elementi essenziali del brano musicale (disegno melodico, presenza di accordi, figure ritmiche e molto altro, la pagina musicale Braille, in tutto simile ad un testo qualsiasi, non consente di individuare al volo quegli elementi di cui si parlava sopra. Usando una metafora, possiamo dire che la pagina braille musicale è come una città senza indicazioni stradali, senza vetrine e senza insegne, per cui, chi la conosce bene sa trovare tutto quello di cui ha bisogno, ma chi arriva per la prima volta deve percorrere vie e piazze alla cieca. Conoscere il brano ad orecchio in questo caso aiuta moltissimo, ma si corre anche il rischio di saltare a piè pari il dettaglio, che invece è indispensabile per il vero e proprio studio del brano stesso.
- difficile trovare insegnanti preparati;
- difficile avere a disposizione lo stesso brano dei compagni di classe, senza una buona programmazione, e sappiamo quanta fatica si fa per sensibilizzare gli insegnanti;
- mentre l'Università prevede un servizio di tutoraggio per studenti con disabilità, i conservatori musicali, equiparati oggi all'Università, questo servizio non lo prevedono; ovviamente nei casi migliori i dirigenti trovano qualche rimedio, ma si tratta ancora di lodevoli eccezioni, che non danno certezza nel tempo.
I rimedi
La nostra associazione è abituata alle marce lunghe, a passo lento ma costante, e siamo abituati a far tesoro di quello che abbiamo, prima di lamentarci per ciò che manca. Così, la Biblioteca di Monza ha continuato a produrre pagine musicali e, in oltre 50 anni, si è imposta all'attenzione del mondo per qualità e quantità di titoli. L'Uici, ormai nel lontano 2004 ha fondato l'Agenzia per il rilancio degli studi musicali (Ag.ri.mus), un consorzio fra i maggiori enti e istituzioni per i ciechi. Sempre la Biblioteca di Monza mantiene il polo musicale, che, pur nella ristrettezza delle risorse umane e finanziarie, pubblica la rivista «suoni», ormai maggiorenne, che contiene musica leggera per tutti i gusti e per quasi tutti gli strumenti, ivi compresa la fisarmonica e le percussioni. Il Polo Musicale poi è in contatto costante con le maggiori organizzazioni mondiali che si occupano di musica, in una ottica inclusiva, in quanto ha rapporti anche con la comunità virtuale che cura il programma gratuito chiamato «musescore», liberamente scaricabile. Questa comunità mette a disposizione sia il programma per scrivere e editare spartiti musicali, la cui accessibilità per noi è in continua evoluzione, ma soprattutto un vastissimo archivio di spartiti di ogni genere, pronti per essere ascoltati e... trascritti in Braille, sia pure con qualche intervento umano. Grazie infatti alla collaborazione con l'università di Yokohama, è stato approntato il progetto Braille muse, liberamente accessibile, che produce una versione Braille di spartiti musicali scritti nel formato music xml, formato questo adottato in tutto il mondo. Nel novembre 2018 la nostra Unione ha sottoscritto un protocollo di intesa con il Miur, Direzione artistica, finalizzato alla sperimentazione in campo musicale, ma il protocollo è ancora solo sulla carta. L'ultima legge di bilancio prevede misure specifiche, un buon inizio.
La tecnologia ci dà una mano
Negli ultimi 25 anni la Biblioteca di Monza ha investito risorse umane e finanziarie per facilitare lo studio della musica, pensando sia gli studenti, sia ai compositori ciechi. Per brevità ricordiamo il Braille Music Editor, un vero e proprio editore multimediale, che raccoglie tutte le facilitazioni più adatte ai ciechi: si scrive con una normale tastiera di computer, ma riconfigurata per simulare la dattilobraille; via via che si scrive, si può controllare con la riga Braille e, contemporaneamente, il computer suona le note e, se si vuole, pronuncia il nome dell'elemento musicale, oppure, a scelta, i puntini Braille appena scritti; con le frecce di direzione si può «rivedere» lo spartito, con tutti i riscontri possibili in tempo reale. Si può poi stampare in Braille, ma anche in notazione comune, a beneficio dei vedenti. In altri termini quindi, il compositore non vedente può scrivere il suo spartito con musica e parole e consegnare direttamente alla Siae, senza bisogno di ricorrere all'aiuto esterno. Ultimo, ma non ultimo, il lavoro volontario del servizio Ottavio Orioli, presieduto da Mauro Marchese, che, attraverso i suoi soci, integra il lavoro delle nostre istituzioni, seguendo un buon numero di studenti non vedenti, trascrivendo per loro, offrendo consigli e suggerimenti in spirito di servizio.
Cosa resta da fare? Valorizzare la nostra rete di contatti, che abbiamo avuto modo di toccar con mano nell'ultimo Congresso, per ricordare l'alto valore formativo dell'educazione musicale alla Politica, alla Scuola (Ministero, dirigenti scolastici, docenti, altre figure comunque coinvolte), alle famiglie, alla società civile (enti e associazioni che già promuovono la musica). Non si tratta tanto di stupire, quanto piuttosto di suscitare il desiderio di aiutarci nella maniera giusta, e ciascuno può fare la sua parte. Per esempio, già oggi, grazie all'autonomia scolastica, ci sono tutti i presupposti per promuovere l'educazione musicale fin dalla scuola dell'infanzia. Sensibilizzare il mondo della ricerca tecnologica, per migliorare l'esistente, riducendo tempi e costi, o per migliorare le soluzioni per gli studenti ipovedenti.



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