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Corriere dei Ciechi

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Numero 1 del 2024

Titolo: ATTUALITÀ- Ricordare che il bene si può sempre fare

Autore: Redazionale


Articolo:
27 Gennaio Giornata della memoria
Parola fuori moda, concetto desueto, il bene è oggi un termine che quasi ci si vergogna a usare. Viviamo un'epoca difficile, dove si combattono molte guerre non solo sui campi di battaglia, ma anche nella vita quotidiana. Prepotenze, insulti e abusi sembrano andare per la maggiore non solo sui social, ma anche per le strade dove ognuno di noi è testimone ogni giorno di piccoli grandi episodi di sopraffazione. Sembra quasi che dimostrarsi forte e prevaricatore sia un valore, mentre comportarsi bene sia sintomo di debolezza, quando invece la storia insegna che ci sono state persone che hanno sempre combattuto per salvaguardare i diritti di tutti. Per questo è importante, oggi più che mai, celebrare sabato 27 gennaio la Giornata della Memoria. Quello stesso giorno nel 1945, le truppe dell'Armata Rossa, in marcia verso Berlino, giunsero ad Auschwitz e aprirono i cancelli del lager, liberando gli ebrei sopravvissuti a quel campo di sterminio. Come ogni anno, anche nel 2024 sono tante le iniziative e i dibattiti che vengono organizzati per ricordare le vittime di uno dei periodi più bui della storia dell'uomo, e anche per ricordare chi, persino in un momento storico come quello, con la tragedia che bussa a tutte le porte, dove l'umanità sembra dimentica e vengono compiuti orrori indescrivibili, è stato capace di fare del bene. Individui comuni o personalità che hanno salvato vite umane e non si sono arresi di fronte al male che avanzava. Li chiamano i "giusti", termine che viene dal Talmud, uno dei testi sacri dell'ebraismo, dove si dice che "chi salva una vita salva il mondo intero" e che è stato usato per la prima volta proprio per definire chi ha esercitato il bene per salvare gli ebrei dallo sterminio nazista. Ricordiamo, quindi, Irene Sendler, infermiera polacca che nell'autunno del 1940, grazie alla sua professione ottiene un lasciapassare per entrare nel ghetto di Varsavia e aiutare gli ebrei che vivevano in condizioni disumane. Con il proseguire della guerra, Irene riesce a salvare tanti bambini ebrei, facendoli uscire dal ghetto nascosti nelle ambulanze e mandandoli in centri di accoglienza. Entrata in clandestinità, continuerà in quegli anni ad aiutare il popolo ebreo arrivando a salvare circa 2.500 bambini dalla morte sicura tanto da ricevere, alla fine del conflitto, premi e riconoscimenti come la Medaglia di "Giusto fra le Nazioni", la candidatura al Premio Nobel per la Pace e avere dedicato un film, I figli di Irene Sendler, sulla sua storia.
Ricordiamo Reinhold Chrystman, che nascose in una fabbrica di vetro più di settecento ebrei, adulti e bambini, rischiando la vita per salvarli dall'Olocausto. Ricordiamo Otto Weidt, conosciuto come lo Schindler di Berlino (da Oskar Schindler, altro benemerito la cui storia è stara raccontata nel celebre film "Schindler's List" di Steven Spielberg). Weidt, imprenditore affetto da una malattia agli occhi che gli provocò la perdita della vista, fondò nel 1936 la sua Blindenwerkstatt (Fabbrica per ciechi) dove lavoravano molti ebrei ipovedenti, non vedenti e sordi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, nascose i suoi operai in fabbrica o in altri luoghi sicuri, e dato che produceva spazzole e scope per l'esercito, adducendo come scusa il lavoro indispensabile che svolgeva per l'esercito tedesco, riuscì persino a riprendersi molti operai non vedenti che erano già destinati alla deportazione. Perseverando nella sua idea di bene, Otto Weidt salvò tantissime persone, procurando cibo e documenti, andandole a cercare nei campi di sterminio, corrompendo la Gestapo e fondando, al termine della guerra, un orfanatrofio per i bambini rimasti senza famiglia. A Berlino, proprio nelle stanze della sua vecchia fabbrica, è stata organizzata la mostra Blindes Vertrauen - Fiducia cieca, e oggi è diventata sede del Museo Blindenwerksatt Otto Weidt.
Oggi sembra incredibile pensare di rischiare la propria vita per difendere i diritti di un altro essere umano. Il Giorno della Memoria è l'occasione giusta per ricordare persone che, nonostante potessero vivere senza timori, hanno rischiato a loro volta persecuzioni e deportazioni per aiutare i loro simili. Forse il segreto del bene è qui, nel comprendere come e quanto siamo gli uni uguali agli altri, pur nelle nostre singolarità e diversità. Otto Weidt, forse, aveva una sensibilità acuita dalla sua disabilità visiva, ma non ha esitato mai mettendo a repentaglio la sua vita per esercitare la forza del bene. È recente anche il successo di una serie televisiva, Tutta la luce che non vediamo, (All the light we cannot see) tratta dall'omonimo romanzo di Anthony Derr vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa. È la storia di Marie-Laurie, ragazzina cieca fuggita da Parigi a Saint Malo in Bretagna che nel 1944, durante i bombardamenti, legge i libri di Jules Verne e manda messaggi in codice via radio che vengono intercettati dal tedesco Werner Pfennig. Nel corso della storia, con il proseguire della guerra, i destini dei due protagonisti si intrecceranno e per una volta sarà l'empatia umana a trionfare. Certo, questa è una storia di fantasia, dove una giovane cieca travolta dagli eventi orribili della Seconda Guerra Mondiale riuscirà a salvarsi e a salvare chi la ascolta leggendo libri di avventura alla radio. Ma, come racconta lo scrittore, forse tutta la luce che non vediamo è proprio quella che teniamo accesa dentro di noi, che ci fa sperare in un mondo migliore e che ci da la forza per realizzarlo. "Aprite gli occhi e guardate tutto quello che potete prima che si chiudano per sempre" scrive nel suo libro Derr, come a dirci di oltrepassare la facciata delle cose, degli eventi, e di scendere in profondità prima che sia troppo tardi. Il 27 gennaio fermiamoci a ricordare, quindi, sperando che le memorie di chi ci ha preceduto ci aiutino a illuminare il percorso che ci attende dandoci la possibilità di vedere davvero tutta la luce che non vediamo mai.



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