Numero 1 del 2024
Titolo: ATTUALITÀ- Un progetto STRAordinario
Autore: Alessio Tommasoli
Articolo:
Costruire la cultura dell'accessibilità attraverso l'architettura
Ne parliamo ogni mese su queste pagine: è splendido avere musei, spazi pubblici e culturali accessibili. Ma, ancora più che non averne, è terribile averli e non poterli raggiungere a causa di una città non accessibile.
Perché, di per sé una disabilità non corrisponde ad una inabilità assoluta, ma può diventarlo nella sua relazione col mondo esterno, culturale e, prima ancora, fisico: tanto meno una città è accessibile, tanto più una disabilità è un limite.
E lo diventa anche a livello sociale, nell'idea comune di tutti. Proviamo a immaginarci alla fermata di un autobus e di trovare la tabella delle fermate scritta con caratteri molto grandi, esagerati per le nostre abitudini, e, addirittura, a carattere giallo su sfondo nero. La prima domanda che ci facciamo è: perché? La seconda: a chi serve?
È rispondendo a queste domande che la mostra sensibilità ci costringe a soffermarci su qualcosa di cui finora non avevamo nemmeno notato l’esistenza: la condizione visiva di un ipovedente, qualcosa che ci porta direttamente a riflettere su un modo di vivere differente dal nostro, come da quello comune ad ogni normovedente.
Ecco perché una reale cultura dell’accessibilità deve partire da un’accessibilità dello spazio urbano, nella certezza che, per adeguare l’interiorità, sia necessario prima adeguare l'esteriorità.
Tutto questo, l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti lo sa bene, tanto che pochi mesi fa ha prodotto "La città del presente", un libro realizzato da un gruppo di lavoro dell'Unione coordinato da Marino Attini, con l'obiettivo di offrire agli architetti, agli ingegneri e a tutti coloro che progettano gli spazi urbani, le reali necessità dei disabili della vista.
L'idea è quella di creare un dialogo che sia alla base della costruzione della città stessa.
La stessa modalità di azione che caratterizza il progetto denominato "STRAordinario", nato nel 2022 dall'idea di un gruppo di giovani architette e architetti, l'Associazione Open City Roma, in collaborazione con l'Associazione di Volontariato Museum: coinvolgere direttamente e in maniera attiva le persone con una disabilità visiva nella progettazione e nell'organizzazione di spazi architettonici che non siano semplicemente adattati a ciechi e ipovedenti, ma che siano costruiti per essere fruiti da tutti, con tutti i sensi.
Una multisensorialità che si offre perfettamente all'ambito architettonico, nei cui spazi veniamo sollecitati da una pluralità di sensazioni, che vanno dall'odore sprigionato dall'ambiente al suono prodotto dal nostro passaggio, fino al caldo e al freddo. Sensazioni, però, che vengono sommerse dal senso dominante della vista, e che STRAordinario intende far riemergere, riportando un equilibrio sensoriale del quale possono beneficiare tutti, non vedenti e vedenti.
Perché questo progetto "non vuole lavorare sulla disabilità", spiega Laura Calderoni, di Open City Roma, "ma sull'opportunità che ci è offerta da persone che si sperimentano quotidianamente attraverso altri sensi e linguaggi, per comprendere l'architettura e lo spazio con nuove chiavi di lettura, ed entrare in relazione con esso e con le altre persone che lo vivono usando il nostro corpo".
Il corpo è il mezzo attraverso oltre il quale è possibile misurare lo spazio, e la conoscenza dell'architettura passa attraverso l'esperienza spaziale. Per questo, STRAordinario ha trovato una sua prima concretizzazione in un corso per la formazione di guide di architettura capaci di realizzare visite multisensoriali, al quale hanno preso parte un gruppo di sei persone disabili della vista e un gruppo di sei normovedenti, coinvolgendo però anche gli studenti di design dell'Accademia Italiana per realizzare modelli 3D a supporto delle visite, la cui manipolazione tattile permette alla persona di ricostruire l'unità dello spazio e comprenderne le dimensioni. Un corso che si è concluso con la realizzazione di otto visite guidate dai corsisti nel corso della manifestazione Open House Roma 2023.
Di queste visite, il maggiore apprezzamento lo hanno riscosso quelle guidate dai corsisti con una disabilità visiva e realizzate da visitatori bendati che si sono mossi toccando modellini tridimensionali dell'edificio, delle decorazioni e delle statue, piante in rilievo, contributi sonori e una tavola olfattiva con gli odori del luogo.
Due sono stati gli spazi nei quali si sono svolte queste visite, luoghi significativi di Roma: il Mausoleo delle Fosse Ardeatine, architettura dalla forte potenza espressione e documentale, e il parco di Villa Sciarra, la cui storia inizia in epoca etrusca per giungere ai primi del '900.
Nel primo, la visita è stata pensata come un viaggio nel tempo, per rivivere l'eccidio del 24 marzo 1944 attraverso il contatto diretto con le pareti delle grotte e i suoni, riprodotti dall'ausilio di una cassa. Un percorso che ha unito Storia, arte e architettura, e che, grazie all'assenza della vista, ha permesso di comprendere lo spazio non solo materialmente, ma anche emotivamente.
Al parco di Villa Sciarra, invece, sono stati raccontati i tratti storici, artistici e botanici, attraverso il tatto, l'udito e l'olfatto, accompagnati dal rumore dell'acqua dei ruscelli, dalla riproduzione del suono del flauto di Pan, dal profumo dell'alloro e delle molte essenze del parco, permettendo al visitatore di chiudere docilmente gli occhi per aprire gli altri sensi.
Due esperienze la cui ricchezza è determinata dalla necessità per i visitatori di ricercare altri punti di riferimento alternativi alla vista, un suono, il calore del sole, un odore: nuovi punti cardinali attraverso cui orientarsi nello spazio, per costruirne una rappresentazione mentale e collocare il proprio corpo al suo interno, in modo da comprendere con maggiore chiarezza il luogo che si sta visitando.
Sullo sfondo, un unico obiettivo, quello del progetto STRAordinario, che, d'altronde, è quello della Progettazione Universale, fondata però sul concetto essenziale del “niente su di noi, senza di noi”.
Il risultato è quello di una condivisione degli spazi che diventano il luogo per una comunicazione tra due modi differenti di percepire il mondo, quello dei normovedenti e quello dei disabili della vista: questo è il cuore di una società accessibile. Perché accessibilità significa autonomia, e autonomia significa eguaglianza, ed essa elimina il bisogno di aiuto, il pietismo e la compassione, rendendo la persona con una disabilità, semplicemente, una persona con una peculiarità e non più un disabile.