Numero 3 del 2024
Titolo: ATTUALITÀ- Nèon: lo spettacolo delle differenze
Autore: Silvia Colombini
Articolo:
27 Marzo Giornata Mondiale del teatro è di scena l’inclusione
Parola, corpo, emozione. Sul palcoscenico del teatro si alza il sipario sulla vita in tutte le sue manifestazioni. A teatro, noi non siamo solo spettatori, ma partecipiamo di ogni istante della rappresentazione che ci viene proposta. Per questo, in occasione della Giornata Mondiale del Teatro la cui celebrazione ricorre il 27 marzo, raccogliamo la testimonianza di chi si occupa di teatro da sempre, e di un teatro davvero unico: l’Associazione Culturale Nèon. Fondata nel 1989 da Monica Felloni (autrice, attrice e regista) e da Piero Ristagno (poeta, direttore artistico e regista), Nèon è oggi un gruppo radicato nel suo territorio di riferimento, Catania e la Sicilia, ma anche conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Dagli spettacoli ai corsi di formazione, dal cinema ai testi originali, dalle contaminazioni alle reinterpretazioni dei classici, al centro di ogni sua attività c’è il tema della diversità. Già, perché tra gli attori, autori, collaboratori dell’Associazione, molti sono persone che vivono una condizione di disabilità che, all’interno di Nèon, diventa una risorsa creativa e culturale. In oltre trent’anni di attività, dopo tanti spettacoli di successo, ecco cosa ci racconta la sua fondatrice, Monica Felloni.
D. Nella vostra poetica, la diversità e la disabilità sono messe in scena senza filtri. Una scelta coraggiosa, libera e importante. Come è stata accolta agli inizi e cos’è cambiato in tanti anni di attività?
R. Dici "scelte coraggiose, libere e importanti", ti rispondo che ho imparato a essere persona coraggiosa, libera e importante, e imparo ancora tutti i giorni. Così mi piace pensare di essere, così sono per me le persone con le quali lavoro. Naturalmente gli spettacoli sono alimentati da questa determinazione che convince tutti, innanzitutto gli attori e, a cascata, gli spettatori. Forse è questo il motivo per cui gli spettacoli di Nèon sono sempre stati accolti con curiosità e calore crescenti. Cosa è cambiato dall'inizio a oggi? Mi ritrovo più appassionata di 35 anni fa, frutto senz'altro delle esperienze. Il resto, intendo le difficoltà economiche e i problemi di circuitazione degli spettacoli, sono inerenti al mondo del Teatro, a maggior ragione se le scelte sono 'fuori norma'. Niente di cui lamentarsi.
D. Il vostro è un teatro davvero senza confini. Generi, interpreti, regole sono sovvertite. Come nascono i vostri spettacoli?
R. Mi verrebbe da rispondere non lo so. Perché non so chi incontrerò per strada, o in un libro o nel laboratorio di Teatro. Di solito è Piero che propone un tema sul quale lavorare, cominciamo così le ricerche, gli scambi con Chiara su poeti e filosofi. Diciamo che si alza un polverone. Poi il silenzio. A volte dura anni, a volte minuti, fino a quando qualcosa cattura la nostra curiosità e diventa irrinunciabile, vuole essere detta, nominata. E il gioco continua, si allarga ad altre persone e dopo giorni di prove intense e divertenti, si va in scena e continua con lo spettatore il gioco dello stupore.
D. Con voi lavorano persone che vivono tante differenti disabilità. Cosa li unisce?
R. L'amore per il teatro, quel luogo in cui la necessità e la bellezza sono un tutt'uno. Un luogo di poesia, perché vissuto poeticamente.
D. Nella vita quotidiana, purtroppo, spesso i disabili subiscono ancora tante discriminazioni. Il vostro teatro insegna che la comunicazione non ha confini, ma cosa possiamo fare per migliorare la situazione?
R. La discriminazione è un atto di violenza. Si può essere violenti anche contro se stessi, quando non si riconosce il proprio valore. Questo vale per chiunque. Non ho mai chiesto la cartella clinica a nessuno, solo il nome. Prima di tutto serve ascoltare e non perdere la pazienza, allora i confini diventano terre fertili, proprio come in natura.
D. Il vostro teatro rappresenta una visione del mondo dove è bandita ogni omologazione in nome del valore della singolarità come elemento che arricchisce tutti. Può essere un modo per favorire l’inclusione?
R. A volte lo spettatore racconta che durante lo spettacolo c'è un istante altissimo, liberatorio, al quale si arrende. Lascia che le lacrime scorrino perché sente una commozione, un'unione con chi è sul palco. Non sente più la differenza tra ciò che vede e ciò che è.
Questo è favorire la vita.