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Corriere dei Ciechi

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Numero 3 del 2024

Titolo: ATTUALITÀ- Andrei bene per il cinema muto

Autore: Redazionale


Articolo:
Protagonisti uno scultore non vedente e un attore tetraplegico
Sarà anche definito cortometraggio, ma è un film che a dispetto della sua durata resta a lungo nel cuore. Nei suoi poco più di dieci minuti destinati a restare impressi per sempre, "Andrei bene per il cinema muto" racconta l’incontro di due artisti unici. Uno, Danilo Ferrari, è uno scrittore e attore tetraplegico che comunica con lo sguardo. L’altro, Felice Tagliaferri, è uno scultore non vedente. Nel raccontarli, la regista e autrice Monica Felloni, tra i fondatori dell’Associazione Culturale Nèon, si sofferma sulla potenza di un linguaggio che travalica i corpi, lo spazio, la materia, per raggiungere la profondità dell’anima. In quella scogliera a picco sul mare, i due protagonisti ci mostrano un modo di conoscersi e di incontrarsi autentico e vero. Nell’intreccio di mani, corpi, sensazioni si manifesta un’amicizia più forte del vento che soffia sulla scogliera. Dedicato allo scrittore Premio Nobel Josè Saramago, la cui fondazione ha dato il suo avvallo al progetto, prodotto grazie a un’operazione di crowdfunding, presentato a numerosi festival, "Andrei bene per il cinema muto" ci mostra come, senza retorica, si possa fare poesia di valore artistico e sociale. Un’esperienza rara e preziosa che ci raccontano i due protagonisti.
Scrittore, giornalista, attore, Danilo Ferrari, nei libri come nella vita, esprime il coraggio, l’energia e curiosità di chi è capace di fare della sua presunta diversità una forma di comunicazione. Artista di fama internazionale, Felice Tagliaferri è uno scultore cieco punto di riferimento per l’arte tattile.

Qual è il significato profondo di questo film?
Danilo: Mettere alla prova chi, come me e Felice, avvalendosi di sistemi di comunicazione incompatibili erano convinti di non potersi mai scambiare pensieri.
Felice: L’idea che una persona non vedente e una persona tetraplegica non comunicante s’incontrino e possano dialogare, è impensabile fino a quando due persone "fuori dal comune" s’incontrano e iniziano a dialogare.

Forse più di metà della vita la passiamo nella nostra testa, con la nostra immaginazione, i nostri sogni, i nostri pensieri. L’arte può essere un mezzo per trasmetterli all’esterno?
Danilo: Io penso per dieci vite! Voglio dire che pensare, immaginare e sognare sono manifestazioni dell’energia che anima il contenitore corpo, a maggior ragione io che devo utilizzare l’immaginazione anche per fare due passi a piedi conversando piacevolmente con un mio amico. Fa arte chi riesce a immaginare in modo creativo, fuori dall’ordinario, vedendo ciò che le persone comuni non riescono ad intuire.
Felice: Il motto della mia scuola è: dare forma ai sogni.

Scolpire con la materia o con la scrittura è sempre un modo per lasciare un messaggio. Qual è il vostro?
Danilo: Io ci sono e dico la mia. Io e Felice plasmiamo in modo diverso la materia, creta o parole, per dare visibilità alla nostra identità. Per affermare la nostra esistenza.
Felice: Il mio messaggio è che in qualsiasi situazione può emergere il bello.

In questo mondo tecnologico, il contatto con l’altro è spesso mediato. Quanto è importante invece, per tutti, poter comunicare ed esprimersi anche attraverso l’esperienza corporale, fisica, tattile?
Danilo: La tecnologia è uno strumento utile, veloce, mette in contatto con estrema rapidità, superando spazi in modo semplice ed efficace. E qui finisce la sua utilità, noi uomini abbiamo bisogno, per esistere, di pelle su pelle, di scambiare respiri, aliti di vita.
Felice: È indispensabile!

La diversità di ognuno di noi rappresenta una ricchezza per tutti e il rispetto per ogni essere umano dovrebbe essere alla base della nostra società. Cosa possiamo fare per una società più inclusiva?
Danilo: Purtroppo l’omologazione è la rovina della società, sempre di più vedo individui che tendono a standardizzare la propria immagine, talmente impegnati su se stessi da non avere il tempo di pensare all’"altro", chiunque altro. In questa ottica il "fastidio" dell’altro, anziché diminuire, aumenta. Una società per essere inclusiva deve essere composta da individui tutti uguali.
Felice: Bisogna conoscere, tuffarsi e frequentare persone con diverse caratteristiche.



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