Numero 3 del 2024
Titolo: ATTUALITÀ- Senza rete nella rete
Autore: Silvia Colombini
Articolo:
12 marzo Giornata Mondiale della cyber censura
Immaginiamo un nostro risveglio quotidiano. Colazione, telefonino, internet. Le notizie. Il buio. Un tuffo senza rete in un web dove tutto è oscurato. Un incubo. Tutti pensiamo a internet come uno spazio democratico, il luogo non luogo dove esprimerci liberamente, dove se vogliamo possiamo nasconderci sotto false identità, dove trovare tutto quello che desideriamo o che magari neanche sappiamo di desiderare. Se ci fosse una collina nel web, lassù sventolerebbe la bandiera della libertà. Purtroppo, più che nel mondo reale, forse proprio per tutto questo potenziale e potere di diffusione e di accesso, anche il mondo del web è da anni vittima di censure e divieti. Per questo il 12 marzo 2008 è nata la Giornata Mondiale contro la cyber censura (World Day Against Cyber Censorship). Come indica il suo logo, (un mouse che si libera dalla catena), è nata per combattere la repressione contro la libertà di espressione online. Istituita da Reporters Without Borders e Amnesty International, ha tra i suoi obiettivi quello di combattere la censura informatica governativa, il controllo e la sorveglianza di Internet, la limitazione della libertà di parola online. Secondo l'ultimo rapporto di Freedom on the net, progetto di ricerca sulla libertà in rete nel mondo, nel 2023 la repressione digitale si è intensificata tra gli altri in Iran, nelle Filippine e in Cina, tra i paesi più cyber repressivi. Inoltre, le azioni avvenute nel mondo virtuale hanno avuto ripercussioni anche in quello reale, perché molti utenti hanno subito cause legali, sono state aggredite o assassinate, hanno avuto condanne per crimini connessi, è il caso di dirlo, alle loro attività svolte sul web. Julian Assange, il discusso giornalista, programmatore e fondatore del sito WIkiLeaks, il più famoso hacker del mondo, di volta in volta identificato come difensore dei diritti umani o come spia furba e manipolativa, ha scritto che Internet è “una tecnologia che può essere usata per istituire un regime totalitario basato sullo spionaggio, un tipo di regime che ancora non è mai stato realizzato. Oppure Internet possiamo prenderlo in mano noi, gli attivisti, tutti quelli che vogliono che la tecnologia sia usata in modo diverso, e trasformarlo in quello che tutti ci auguriamo”.
Il tema è di quelli fondanti dell'essere umano: la libertà. D'espressione, di scelta, di diversità, di orientamento sessuale, di determinazione. Un diritto e un dovere che impariamo a conoscere sin da bambini e che, oltre ad allargare i nostri orizzonti dal recinto ristretto della famiglia, ci chiede di prenderci le nostre responsabilità. Una parola passata di moda, perché sempre più spesso risulta comodo appoggiare quelle responsabilità nel salotto buono di casa, sulle spalle di parenti e amici, sui soprusi subiti, o sul mondo sospeso di Internet. Già, perché anche quel mondo è governato da regole non così differenti da quelle che sostengono quello che abitiamo. In entrambi, lo spazio di movimento in certi luoghi sembra ridursi sempre di più. Se in Afghanistan una donna deve indossare il burqa quando esce per strada e ormai pochissime possono svolgere il lavoro di giornaliste, e solo sotto falsa identità, in Russia la guerra digitale si muove attraverso blackout di Internet e oscuramento di siti social accusati di disinformazione. Come in tutte le battaglie, esistono le strategie per aggirare gli eserciti nemici. Nel caso questi fossero schierati online, molti sono i sistemi per bypassare i blocchi con una VPN (Virtual Private Network), un software che permette di navigare sotto anonimato in sicurezza. Certo, quando illuminati scienziati hanno dato vita al World Wide Web, rendendolo uno spazio accessibile al mondo intero, permettendo a tutti di partecipare attivamente al suo sviluppo e alla sua crescita, rimuovendo gli ostacoli che ne impedivano la diffusione, forse non si aspettavano che la censura potesse contaminare anche la loro meravigliosa invenzione. Invece, l'illusione del controllo è quella che alimenta la vita umana. Destinato a finire, incapace di accettare la morte come conclusione naturale, aggrappato a illusioni e credenze, l'essere umano si aggrappa al controllo come unica rassicurazione di un percorso esistenziale che ha nella sua finitezza la sua bellezza. Così, ci si illude di censurare i pensieri, le azioni, le emozioni e persino le attività online. Come una volta i genitori chiudevano i cancelli di casa per evitare la frequentazione delle cattive compagnie, oggi si cerca di chiudere i siti e le informazioni online che possono portare sulla cattiva strada. Per sua natura, però, Internet non ha barriere. Né architettoniche, né ideologiche. Chiunque, disabile o meno, deve essere in grado di accedere e navigare liberamente senza nessun ostacolo. Certo, anche nella rete esistono norme e codici di comportamento che, se violati, vanno puniti. Ma non può esistere una censura preventiva, un impedimento all'informazione, alla discussione, allo scambio tra i cittadini di tutto il mondo. In fondo, la cyber censura è discriminatoria tanto quanto quella che avviene per le strade. Lo scopo è identico: impedire l'accessibilità a contenuti e servizi di pubblica utilità ad alcune categorie di cittadini. Che siano ragazze iraniane o disabili coreani, giovani cinesi o donne afgane, non è ammissibile privare della libertà di informazione. La cyber censura è un'arma pericolosa, troppo spesso ignorata e sottovalutata in nome di una presunta sicurezza, quando invece è in mano a Paesi che hanno fatto della repressione la loro forma di governo. Immaginiamo adesso di svegliarci in uno di quei Paesi e di scrollare sul nostro cellulare sempre le stesse notizie, di non poter visitare i siti che vogliamo, di avere oscurato il nostro profilo social.
Il 12 marzo è, in fondo, una giornata che celebra un World Wide Web libero, accessibile, rispettoso e sostiene una rete davvero senza rete, dove è possibile cadere e rialzarsi senza paura di farsi male.