Numero 4 del 2024
Titolo: ATTUALITÀ- Sentirsi liberi
Autore: Silvia Colombini
Articolo:
L'importanza del 25 aprile
Ogni giorno diamo per scontate tante cose. Una buona salute e un tetto sulla testa, l'amore dei nostri cari, la colazione calda la mattina e il profumo della libertà. Già, perché proprio come l'inconfondibile aroma del caffè, anche la libertà odora di buono. È solo perché siamo liberi che possiamo permetterci di respirare il mondo, di assorbirne il bello e di esprimerci quando il brutto avanza, di far valere i nostri diritti e di rispettare quelli degli altri. Dopo quasi ottant'anni da quel 25 aprile del 1945, quando l'Italia si liberò dal regime nazifascista grazie all'insurrezione di tutti i gruppi combattenti che sancirono la caduta del fascismo nel nostro Paese, questa ricorrenza simboleggia oggi più che mai il valore di una resistenza che dobbiamo ancora sventolare come una bandiera. Nel mondo contemporaneo, purtroppo, sono in corso guerre e battaglie combattute sempre e solo in nome della libertà che viene ancora vissuta come un privilegio da conquistare, non come un diritto innato di ogni creatura sulla Terra. L'essere umano ondeggia per natura tra libertà e necessità, tra libero arbitrio e costrizione, tra quello che può e quello che vuole fare, cercando un equilibrio tra le regole che ogni società impone e i propri desideri, tra diritti e doveri che, in un mondo ideale, dovrebbero convivere pacificamente. In alcuni Paesi, però, la prevalenza di individui autoritari, di ideologie coercitive, di spirito di sopraffazione e di interessi economici soffoca le libertà individuali e collettive.
La libertà di questo secolo, invece, è tesa a ribadire e difendere i diritti naturali e inviolabili di ogni essere umano. Basta pensare alle battaglie che vengono combattute ogni giorno per affermare l'inclusione nella nostra società delle persone disabili, quelle che al tempo della seconda guerra mondiale, prima di quel 25 aprile 1945, venivano considerate zavorra da eliminare, creature da sterminare perché non corrispondenti ai canoni previsti dal regime. Il filosofo inglese John Stuart Mills nel suo celebre “Saggio sulla Libertà”, nel 1859 scriveva che pur potendo ogni individuo autodeterminarsi, non è lecito utilizzare comportamenti che pregiudichino la libertà altrui. Siamo responsabili di noi, ma anche di quello che ci circonda, perché l'identità di ognuno si forma nel nostro contesto sociale di appartenenza, che ci forgia e ci influenza. I cambiamenti che tutto il Pianeta sta subendo, inimmaginabili non solo ai tempi di Mills ma anche nel 1945, sembrano oggi accendere sempre di più i riflettori sullo stretto legame che c'è tra libertà, responsabilità e comunità. Per comprenderlo, è sufficiente considerare tutte le questioni sorte nel mondo durante la pandemia Covid quando, in nome della libertà individuale, venivano rigettate le restrizioni stabilite per l'interesse della comunità. Oppure alle tante difficoltà che abbiamo nell'accettare la diversità nei nostri simili, che tali restano anche se invece che su due gambe si muovono su una sedia a rotelle, se non vedono con gli occhi o se professano orientamenti sessuali fuori da quelli considerati "normali". Sembra quasi che la libertà vada normata e regolata, e in parte è vero, perché certo è che l'autorità pubblica, in una società democratica, deve stabilire delle misure, come dice l'articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo: "Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui".
Quindi, dovremmo tutti imparare a trovare il giusto equilibrio tra il nostro interesse e quello della società, che da parte sua dovrebbe istituire ordinamenti giuridici tesi a tutelare le sempre nuove realtà che si presentano. Definire il 25 aprile Festa della Liberazione, pur mantenendo tutto il valore storico e la memoria di un momento fondamentale per la Storia dell'umanità e non solo per il nostro Paese, porta oggi a riflettere e a scavare sul significato più profondo di una parola molto importante. Libertà. Potersi esprimere, dare e ricevere rispetto. Autodeterminarsi per le scelte che riguardano la propria esistenza individuale. Non è così banale, se in Italia le donne sono state libere di votare e di essere elette solo un anno dopo la liberazione, il 10 marzo 1946, di divorziare nel 1970, di abortire nel 1978 e hanno dovuto aspettare il 1996 per vedere definito lo stupro non un delitto contro la moralità pubblica (com'era secondo gli articoli del Codice Rocco di epoca fascista), ma un delitto contro la persona. Se i disabili hanno aspettato il 1992 per avere un riferimento legislativo, la Legge 104, che cominciasse a tutelare i loro diritti e a favorire l'integrazione nella società. E se ogni giorno vediamo morire in tante parti del mondo migliaia di esseri umani che combattono per difendere la propria libertà da invasioni, soprusi e crudeltà.
In Europa, sono tanti i Paesi che festeggiano la fine dell'occupazione straniera in date differenti e sarebbe bello celebrare insieme l'importanza di essere, e sentirsi liberi. Quel sottile piacere che tutti conosciamo, che ci coglie magari anche solo quando passeggiamo in una bella giornata di sole, quando possiamo scegliere chi ci piace frequentare, i libri da leggere, i luoghi da visitare, le persone che vogliamo amare. E quando intorno a noi, tutti, simili a noi o diversi da noi, possono fare la stessa cosa, perché, come diceva una vecchia canzone, è proprio vero che "libertà è partecipazione".