Numero 4 del 2024
Titolo: ATTUALITÀ- Disability Pride: la parata dei diritti
Autore: Silvia Colombini
Articolo:
A Torino sfilano orgoglio, accessibilità e futuro
Giunto alla sua seconda edizione, il 20 aprile torna a Torino il Disability Pride, evento nato per celebrare l'orgoglio delle persone disabili e neurodivergenti. Una sfilata che attraverserà il centro della città con numerosi eventi e interventi di autorità e istituzioni. Sostenuto e coordinato da numerose associazioni e organizzazioni del territorio, il Disability Pride di Torino è l'occasione per dare voce e riaffermare dignità e autodeterminazione delle persone che vivono una diversa condizione fisica, intellettuale e mentale.
Ancora oggi, purtroppo, la nostra società discrimina la diversità in ogni sua forma e chi non corrisponde agli standard prestazionali considerati "normali" viene escluso da contesti professionali e sociali. La diversità, invece, dovrebbe essere un valore capace di allargare gli orizzonti di ognuno di noi. Per fortuna, ci sono persone che si battono e lottano per far valere diritti che non sempre vengono rispettati. Per questo ospitiamo oggi la testimonianza di Flavio Lucchini, socio di U.I.C.I., tra i promotori del Progetto Arcobaleno, nato per creare un dialogo tra le persone cieche o ipovedenti con diversi orientamenti sessuali o identità di genere e la società.
Che cos'è il Disability Pride?
È una manifestazione dedicata all'orgoglio delle persone con disabilità, nata con l'obiettivo di celebrarne la fierezza e ricordare a tutti l'importanza della loro inclusione sociale. La prima ha avuto luogo a Boston nel 1990, l'anno in cui il Presidente USA George Bush firmò l'importantissimo "Americans with Disabilities Act" (meglio noto come "ADA"), ancora oggi il principale testo normativo statunitense sulla disabilità emanato con l'intento di combattere le discriminazioni nei loro confronti, che introduce l'importantissimo obbligo per tutti i datori di lavoro di adottare accomodamenti ragionevoli per i propri dipendenti con disabilità, nonché requisiti di accessibilità per i luoghi pubblici. Nel 2015, il sindaco di New York Bill De Blasio, in occasione dei festeggiamenti per i 25 anni dell'ADA, ha eletto luglio come il mese dedicato al Disability Pride che da allora viene riconosciuto come Disability Pride Month in tutto il mondo. Oggi, grazie alle attività di persone come Carmelo Comisi che ha portato nel 2015 il Disability Pride anche in Italia e ha poi dato vita alla Disability Pride Onlus, che organizza vari eventi dedicati alla sensibilizzazione sulla disabilità durante tutto l'anno, l'evento sta assumendo sempre più il ruolo di movimento culturale che propone alla società civile un modo nuovo di vivere, pensare e valorizzare la disabilità.
D. Come può affrontare il mondo esterno un giovane disabile con orientamenti sessuali non corrispondenti all'immaginario collettivo?
R. Molti disabili LGBTQ+, hanno percorsi di vita soddisfacente, soprattutto se sono visibili o hanno un compagno. Ci sono persone che vivono bene, anche con difficoltà che sembrerebbero estreme, dalla sclerosi multipla a gravi handicap motori. Alcuni si sono appoggiati a percorsi interiori di psicoterapia o ad associazioni che li hanno accolti umanamente, senza pietismo. Molto più difficile l'integrazione per coloro che hanno disabilità invisibili: (protesi, non udenti, non vedenti, patologie congenite). La prima difficoltà dei gay disabili è il doppio coming out, prima da omosessuali e dopo da disabili. Inoltre, c'è il problema della solitudine, che può essere particolarmente preoccupante per i disabili LGBTQ+ che hanno oltre il doppio delle probabilità di vivere soli e percepire l'isolamento sociale rispetto agli altri della comunità. Con la pandemia, l'isolamento e la solitudine sono aumentati esponenzialmente. Alcune statistiche parlano del 70% di persone che per paura o per precauzione non hanno relazioni sociali da più anni.
D. Come è nato il Progetto Arcobaleno?
R. È nato ormai 8 anni fa per supportare, condividere, ascoltare e far sì che le persone cieche LGBTQ+ possano essere più sicure di se stesse, accettando ciò che sono, per poter vivere la propria vita serenamente, senza colpe, vergogne ed emarginazioni. Sono convinto che omosessuali non si nasce, e nemmeno si diventa. Omosessuali si è! Riconoscere e accettare questa identità risulta spesso difficile, in famiglia e in una società a cui bisogna dimostrare che l'omosessualità non è una malattia da cui si può guarire, o la scelta dovuta al capriccio di una moda. L'ignoranza e i pregiudizi duri a morire fanno sì che essere omosessuali con l'aggravante della disabilità sia ancora causa di emarginazione, disprezzo e fonte di sofferenza. Per questo nasciamo come gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto, ma senza professionisti, senza titoli accademici, siamo semplicemente persone cieche-LGBTQ+ che confrontano le proprie esperienze senza pregiudizi, con semplicità, autoironia e leggerezza quando e quanto serve. Ancora oggi, troppe persone vengono discriminate a causa della loro disabilità e quando queste vivono un'identità LGBTI+ si trovano ad affrontare un ulteriore stigma, si parla quindi di discriminazione multipla. Alle dinamiche legate all'abilismo si possono sommare problematiche legate all'orientamento sessuale e all'identità di genere che derivano da una cultura ancora intrisa di pregiudizi, di omolesbobitransafobia e sessuofobia, verso ogni identità non eteronormata.
D. Identità di genere e orientamento sessuale sono al centro del dibattito internazionale. Come vengono affrontati questi temi in Italia?
R. Nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia con la Legge 18 del 3 marzo 2009, è esplicitata l'esistenza di una possibile condizione di discriminazione multipla, cui sono soggette le persone che assommano alla disabilità ulteriori fattori di rischio. Tale rischio di "multidiscriminazione" risulta spesso accompagnato da una sostanziale inconsapevolezza. Se, infatti, la percezione della discriminazione come persona con disabilità è ormai, pur in modo parziale, diffusa a livello personale e sociale, al contrario si stenta ancora a riconoscere le situazioni di discriminazioni multiple. Una situazione particolarmente critica nonché sottaciuta è vissuta dalle persone con disabilità LGBT+, poiché le discriminazioni subite assumono forme particolarmente complesse e pervasive arrivando a condizionare tutte le sfere di vita, non ultima il libero esercizio della propria affettività e sessualità. La questione al di fuori dell'Italia è particolarmente sentita e oggetto di interesse anche accademico, arrivando a sviluppare uno specifico settore di studi denominato Crip Theory, dal titolo di un influente volume di Robert McRuer del 2006 nel quale si formalizza l'intersezione tra disability studies e teoria queer. Di tale dibattito in Italia si sente solo una lontana eco: la ricerca accademica si occupa della questione in modo episodico, mentre le organizzazioni di advocacy non sempre riescono a ricondurre le iniziative all'interno di un quadro esplicitamente intersezionale e attento alle discriminazioni multiple.