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Corriere Braille

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Numero 34 del 2025

Titolo: Una breccia che porta all'inclusione

Autore: Alessio Tommasoli


Articolo:
155o anniversario dalla Presa di Porta Pia
Per far cadere un muro, prima è necessario trovare una crepa sulla sua superficie apparentemente inscalfibile e allargarla fino a farne un buco. O, meglio, una breccia.
È quello che, 155 anni fa, fecero i bersaglieri del neonato Regno d'Italia nelle mura aureliane che difendevano il Regno della Chiesa.
Era il 20 settembre, per la precisione, una delle date più emblematiche della storia italiana, con la quale si chiuse simbolicamente il Risorgimento, sancendo l'unificazione della penisola sotto un'unica bandiera.
Bandiera che già sventolava da quasi 10 anni, dal 1861, anno della proclamazione del Regno d'Italia, nel cuore del quale, però, continuava a persistere un dominio straniero, dato che il Regno della Chiesa si trovava sotto la protezione della Francia di Napoleone III. Per quasi un decennio, i governi italiani cercarono soluzioni diplomatiche, senza successo, trovandosi di fronte un muro inscalfibile, appunto. Almeno fino al momento in cui s'intravide una crepa determinante: la caduta del Secondo Impero francese, travolto dalla guerra franco-prussiana. Con le truppe di Napoleone III richiamate in patria, Roma restava priva di difesa esterna e il governo italiano colse l'occasione.
Il 20 settembre 1870, alle 5,10 del mattino, l'esercito italiano, al comando del generale Cadorna, aprì le ostilità contro le mura romane. Circa 50.000 soldati italiani si schierarono contro poco più di 10.000 militi papalini. Dopo alcune ore di combattimento, alle 9:45 una cannonata aprì una breccia nelle mura accanto a Porta Pia. Fu l'ingresso. Nonostante la disparità di forze, i papalini resistettero strenuamente, perdendo circa 20 uomini e facendo 49 vittime tra le truppe italiane. Alle 10,15, il generale Hermann Kanzler, capo delle truppe pontificie, ordinò il cessate il fuoco. La crepa che quel giorno fu allargata in una breccia, decretò la caduta definitiva del muro pochi giorni dopo, quando un plebiscito deliberò ufficialmente l'annessione di Roma al Regno d'Italia.
Perché la Breccia di Porta Pia non fu solo una conquista militare, ma il culmine di un lungo processo storico e civile, carico di tensioni ideali: tra la laicità dello Stato moderno e l'autorità religiosa, tra il progetto nazionale e l'universalismo cattolico. Il Papa Pio IX, sentendosi prigioniero in Vaticano, rifiutò ogni compromesso, dando inizio alla cosiddetta «questione romana», che trovò una soluzione solo nel 1929, con i Patti Lateranensi e la nascita dello Stato della Città del Vaticano.
Un evento, quello del 20 settembre 1870, che, al di là delle varie strumentalizzazioni realizzate nel corso degli anni (dalla propaganda fascista fino a quella dei radicali italiani), mantiene intoccabile il proprio valore epocale nella costruzione dell'identità nazionale. E si presenta, probabilmente, come il principio di un'evoluzione sociale che stiamo vivendo ancora oggi, perché pose le basi per l'autonomia del pensiero civile, creando uno spazio condiviso di convivenza basato su una visione del mondo che riconosce alla politica il compito di unire, includere e governare nel nome della ragione e della libertà, e non del dogma.
E abbattere un muro, abbattere quel muro, significa rimuovere una barriera e creare un passaggio in cui non c'è più divisione, non c'è più un «noi» e un «loro», ma una comunità che si muove insieme e che permette ad ogni Individuo di muoversi ugualmente e liberamente nello stesso spazio. Esattamente ciò che oggi chiamiamo inclusione.
Alessio Tommasoli



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