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Corriere dei Ciechi

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Numero 2 del 2001

Titolo: SEGNALIBRO

Autore: Renato Terrosi


Articolo:
Chiamano l’elettricista e credono di risolvere il problema

Ecco un libro prezioso, anzi indispensabile per ministri e assessori ai beni culturali, organizzatori di mostre e di altri eventi artistici. Insegna come mettere la luce al servizio dell’arte.

Il libro è "Per una teoria dell’illuminazione dei beni culturali", è pubblicato dall’Editoriale Domus" ed è scritto da Armando Ginesi, professore emerito di storia dell’arte e già direttore dell’Accademia di Belle Arti di Macerata. Ah, lo si è visto, un titolo che promette un testo barboso, è invece una piacevole anche se tutt’altro che superficiale guida per chi sia interessato ai servigi di un "light designer"..

Il "light designer", traduce Ginesi, è il progettista della luce (che potrebbe anche essere chiamato, secondo noi, "stilista della luce".

Scelte personali

È una figura professionale che esiste da pochi anni e che assomma nelle sue competenze quelle del tecnico dei problemi dell’illuminazione, dell’architetto e dell’artista. Da lui, se chiamato in causa, dipende parte, a volte buona parte, del successo dell’esposizione di un’opera artistica, dato che dall’intensità e dal tipo di illuminazione dipende in parte, a volte in buona parte, se lo spettacolo di un quadro, una scultura, un monumento è apprezzato pienamente dal pubblico.

Purtroppo, osserva Ginesi, ancora oggi molti ministri, assessori operatori artistico-culturali, ignorano l’utilità, talvolta perfino l’esistenza del "light designer" e credono di risolvere il problema dell’illuminazione con l’elettricista, l’ingegnere o con loro scelte personali. Ecco così tra l’altro quelli che l’autore del libro chiama i risultati di certe "sindromi assessorili", le opere d’arte bombardate da luci violente "con effetti da film dell’orrore alla Dario Argento".

Che fare per evitare queste snaturanti aggressioni luminose e gli altrettanto dannosi eccessi di luci soffuse e di penombre che nascondono parti importanti dei capolavori esposti? La ricetta di Ginesi è semplice. Il visitatore del museo, della mostra, di un complesso monumentale deve poter vedere l’opera d’arte come prima l’ha pensata e poi vista l’autore. L’illuminazione deve essere scelta tenendo conto del luogo in cui è esposta e dell’ambiente che circonda questo luogo. Non può non variare secondo i colori e le tecniche usate dall’artista. Non può non contribuire a trasmettere il messaggio che un pittore o uno scultore ha espresso con il suo lavoro.

Per tutto questo il tecnico o l’ingegnere non bastano, ci vuole un esperto di luci che sia anche architetto e artista. Appunto, insiste Ginesi, il "Light Designer".



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